Anche Ds e Margherita pronti a andare in piazza contro Israele

Il 18 novembre tutta la sinistra manifesterà a Milano e a Roma «sull’aggressione alla Palestina»

Fabrizio de Feo

da Roma

La mobilitazione è ormai partita e il centrosinistra, con quasi tutte le sue componenti, si prepara a scendere in piazza «per la Pace in Medio Oriente». L’appuntamento è fissato per il 18 novembre, giorno in cui a Milano e a Roma si svolgeranno due grandi manifestazioni «contro il silenzio che ha avvolto la questione palestinese e la fine dell’aggressione militare israeliana». Una scintilla accesa dai coordinatori nazionali della Tavola della Pace, Flavio Lotti e Grazia Bellini, e raccolta da una miriade di organizzazioni umanitarie e sindacali. Ma soprattutto alimentata dall’adesione prima di Rifondazione comunista, poi dei verdi e dei comunisti italiani, e infine della Margherita e dei Ds. Una confluenza allargata che dimostra come la condanna della politica di difesa di Tel Aviv da parte dell’Unione sia praticamente unanime e come, su questo tema, si sia realizzata quella compattezza mai raggiunta in passato.
Il vento anti-israeliano, d’altra parte, ha ripreso a spirare con forza dentro l’Unione. Massimo D’Alema che già in estate aveva suscitato la rabbia dello stato ebraico per la sua passeggiata a braccetto con il deputato di Hezbollah, Hussein Haji Hassan, durante la sua visita a Beirut è tornato a far sentire la propria voce. In una intervista all’Unità il leader ds ha confutato la tesi israeliana del tragico «errore» commesso in occasione della strage di Beit Hanun. «Un errore? Come un errore? Quello che è accaduto a Beit Hanun è il frutto di una politica, è lo sbocco di una scelta. Una scelta che affida all’uso della forza la sicurezza di Israele e che risponde a una logica tutta interna a Israele». Una dura reprimenda destinata anche questa volta a non passare inosservata dalle parti dello stato ebraico.
Nel frattempo le piazze pacifiste scaldano i motori, raccolgono adesioni e si preparano a far sentire la propria voce. Una levata di scudi iniziata ieri con i presidi di condanna dell’eccidio di Beit Hanun a Roma, Milano e in altre città italiane. Il vero rendez vous sarà, però, quello del 18 novembre. Un appuntamento che ha acquistato improvvisamente peso dopo l’annuncio congiunto della loro partecipazione da parte di Piero Fassino e Francesco Rutelli. «È necessario che l’intera comunità internazionale sostenga con decisione un immediato ed effettivo rilancio del processo di dialogo e di pace in Medio Oriente, che coinvolga tutti gli attori della regione e che affronti politicamente tutti i nodi irrisolti che minano quotidianamente la sicurezza, la pace e lo sviluppo, a partire dalla questione israelo-palestinese» scrivono i due. «Una questione che solo potrà essere risolta con la garanzia dell’esistenza e della sicurezza dello Stato di Israele, e della creazione in tempi certi e brevi di un vero Stato palestinese indipendente».
Sullo sfondo, dalle parti di Palazzo Chigi e delle segreterie di partito, serpeggia una tentazione: rilanciare con forza al tavolo diplomatico e regalare prestigio alla nostra politica estera attraverso una missione di interposizione Onu a Gaza a guida italiana. Una proposta lanciata dagli organizzatori della manifestazione che, secondo Liberazione, quotidiano di Rifondazione, il governo - sull’onda anche dell’euforia per la conquista del seggio non permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu - potrebbe fare propria. Altro obiettivo che i pacifisti «suggeriscono» al governo è quello di promuovere una conferenza internazionale per il disarmo della regione.

La richiesta della sinistra radicale, però, più che a tracciare scenari diplomatici, punta a esercitare pressione sull’esecutivo e a spostare la politica estera italiana su un terreno opposto rispetto a quello del governo Berlusconi. Una scelta di campo filoaraba e antiatlantica che, con il corteo del 18 novembre, potrebbe prendere corpo, soprattutto qualora la sinistra radicale trasformasse la manifestazione in una grande prova di forza.

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