Fabrizio de Feo
da Roma
Il titolo della manifestazione è fin troppo esplicito: «No Tav, no Mose, no Ponte sullo Stretto di Messina». Il sottotitolo potrebbe essere: fermiamo lItalia. Oppure perdete ogni speranza o voi che viaggiate perché i collegamenti ad alta velocità e le grandi reti non shanno da fare.
Ladunata - non proprio oceanica visto che a detta gli organizzatori scendono in strada circa 7mila persone mentre la Questura stima i partecipanti in poco più di un migliaio - si snoda per le strade di Roma partendo da piazza della Repubblica fino allapprodo al Colosseo. Un percorso durante il quale i partecipanti si esercitano nellespressione del proprio dissenso rispetto alla realizzazione delle tre grandi opere. Il loro «Ora e sempre no Tav» è scritto sulle magliette, sui cappellini, sui manifesti e sugli striscioni. Il tutto orchestrato da un Tir dotato di altoparlanti da cui parte la musica che scandisce i passi dei manifestanti.
Gli slogan sono molti: «Lunica strada è fermarci»; «Sui monti dove passò Annibale la Tav non passerà»; «Grandi opere grandi bidoni»; «Fermiamo il Mose per salvare la laguna e Venezia dal mare e dagli uomini». Non mancano le contestazioni al sindaco di Roma Walter Veltroni e al presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. Al primo viene rimproverato il parcheggio del Pincio recentemente approvato, con uno striscione che recita: «No al Pincio garage, Veltroni lascia stare il Pincio». Il secondo viene criticato per la politica sui rifiuti e sullenergia, in particolar modo sul parere favorevole espresso dalla giunta regionale del Lazio alla realizzazione della centrale turbogas di Aprilia: «Marrazzo Barabba, Aprilia grida» recita un manifesto.
Ci sono poi, naturalmente, gli interventi dei sindaci della Val di Susa, dei politici (per loro parla Vittorio Agnoletto ma ci sono anche Francesco Caruso, Angelo Bonelli, Giovanni Russo Spena), degli ambientalisti e dei sindacalisti (Giorgio Cremaschi, Fiom). Presente, ma solo per qualche minuto, anche il ministro delle Politiche sociali Paolo Ferrero, che si dice «daccordo con la piattaforma della manifestazione». Le cosiddette «infrastrutture strategiche», aggiunge Ferrero, «non rispondono alle esigenze di mobilità del Paese e costituiscono unipoteca sui conti pubblici, che graverà per i prossimi ventanni». Poi, precisa di essere lì «di passaggio», per «salutare degli amici con cui, in passato, ho condiviso delle battaglie. Sarebbe stato sbagliato partecipare come ministro, anche perché il programma di governo stabilisce già le modalità di verifica sulla realizzazione delle opere». Il passaggio più interessante è, però, quello in cui Ferrero fa capire quanto il governo sia vulnerabile e sensibile alle proteste di piazza. Il governo Prodi, rispetto allesecutivo di Berlusconi, è «permeabile alle istanze sociali» e «anche se cè braccio di ferro in Consiglio dei ministri, non è quello che cambia il suo indirizzo», ma ciò che dice la piazza, sostiene il ministro della Solidarietà sociale.
Il tenore della manifestazione è improntato a un generale ottimismo. Il presidente della Comunità Montana Val di Susa Antonio Ferrentino, ad esempio, annuncia che «il 27 ottobre si riunirà un tavolo a Palazzo Chigi per discutere le prime modifiche alla legge, in particolare labrogazione della norma che esclude i Comuni da ogni trattativa circa la realizzazione delle grandi opere pubbliche». Convinto della possibilità di bloccare tutto anche il sottosegretario allEconomia, Paolo Cento. «Mi pare chiaro che la Tav non si farà - osserva - che il Mose non si deve realizzare e che sul Ponte il Parlamento si è già espresso negativamente.
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