(...) popolo di Dio». La firma che accompagna l'opuscolo è la seguente: Paolo Farinella, prete e parroco.
L'invio del fascicolo non è risultata cosa gradita a diversi parroci della diocesi. Uno di essi, don Franco Pedemonte, parroco di Santa Zita, ha rimandato al mittente la missiva aggiungendo un solo commento: «Buffone». E ha spiegato: «Alle riunioni di vicariato nessuno può vedere don Farinella. Io sono l'unico che gli stringe la mano e che gli parla, gli altri nemmeno quello fanno
» E spiega il motivo di ciò: «Abbiamo cercato di farlo ragionare. Lettere, colloqui, telefonate. Ma nulla. Tutto vano. È schiavo del suo protagonismo
» .
Taluni hanno persino chiesto al Cardinale di intervenire. L'unico risultato fu ottenuto con il Card. Bertone che mandò don Farinella un anno a studiare a Gerusalemme e dopo lo mise come parroco di una parrocchia che è giuridicamente senza fedeli e senza territorio.
«Se don Farinella ama far parlare di sé - spiega un collaboratore del Cardinale - la Curia è l'esatto contrario: non ama far parlare di sé. Per questo il Cardinale non interviene e considera più importanti altri problemi
». Così, mentre le liturgie farinelliane «laboratorio liturgico» sono permesse, la celebrazione della messa con le letture in genovese è stata ufficialmente vietata.
È però ammesso celebrare, come fa il parroco di San Torpete, ammonendo la folla con comizi politici; è ammesso inserire delle parti in aramaico; è ammesso stravolgere le parole del canone liturgico e della preghiera eucaristica con un testo dialogico il cui autore è lo stesso Farinella.
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