Anche l’arbitro «Ansa» fa l’anti Cav

RomaIl rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa per la libertà di stampa è un signore che si chiama Miklos Haraszti e che s’è appena rivolto al premier Berlusconi. Secondo il signor Haraszti il Cavaliere deve ritirare le querele contro Repubblica e l’Unità, ree, secondo il presidente del Consiglio, di averlo diffamato. Il signor Haraszti è preoccupato per quei tre milioni di euro chiesti come risarcimento ai due giornali. In fondo, è il pensiero del signor Haraszti, «fare continuamente domande, anche se di parte, è uno strumento della funzione correttiva dei media. Il diritto di informazione del pubblico include inevitabilmente il diritto dei media a fare domande».
Probabilmente il signor Haraszti si sarà posto la domanda se in Italia esista la libertà di stampa e se questa sia effettivamente in pericolo, minacciata com’è - sostengono alcuni - dal bavaglio berlusconiano. Il signor Haraszti si starà arrovellando nel merito, proprio mentre il quotidiano spagnolo El País è appena uscito con una misurata analisi sul nostro Paese. Titolo: «L’Italia inizia a preparare il giorno dopo Berlusconi». Una lunga corrispondenza da Roma in cui si sostiene che «il declino di Berlusconi è evidente, non ne dubita nessuno, in Italia e soprattutto fuori». Ueilà. Sarà così? Ma il signor Haraszti, che è uomo preparato e serio, sa perfettamente che le analisi del País sono appunto del País: corazzata del gruppo Prisa, con liaison ben salde a Repubblica, giornale di De Benedetti, principale oppositore di Berlusconi. Lo sa bene il signor Haraszti e ne ha la riprova sfogliando lo stesso foglio, dove appare un’intervista al «super tifoso» del Cavaliere, il premio Nobel Dario Fo. Il quale, intervistato, sostiene che «Berlusconi ha perso il senso della misura, è un caso clinico».
Il signor Haraszti prosegue nella lettura e s’imbatte in un’altra opinione raccolta dal corrispondente spagnolo: quella dell’attuale presidente dell’Ansa, Giulio Anselmi. Il cui pensiero è il seguente: «La fase finale del berlusconismo è cominciata; i sondaggi mostrano come l’idillio con gli italiani si è sgonfiato. Il problema è che nessuno può dire quanto durerà questa fase». Non solo. Legge anche che, secondo Anselmi, «la sensibilità degli italiani verso la libertà di stampa è sempre stata scarsa, però oggi stiamo vivendo la situazione di maggior tensione che io ricordi».
Il signor Haraszti sa che l’Ansa è la principale agenzia di stampa italiana ed è una cooperativa di 36 soci, editori dei principali quotidiani. Sa che Anselmi ne è stato il direttore, prima di dirigere l’Espresso, periodico debenedettiano e molto anti-Cavaliere e sa che Anselmi è rimasto editorialista di Repubblica, giornale di De Benedetti, principale oppositore di Berlusconi. Sa anche, il signor Haraszti, che l’Ansa, sorta di arbitro, imparziale, neutrale, equilibrata, attualmente è guidata da Luigi Contu, ex responsabile della redazione politica del quotidiano la Repubblica, sempre lo stesso giornale di De Benedetti, principale oppositore di Berlusconi. Si accorge, il signor Haraszti, che in un dispaccio della stessa Ansa dal titolo «Cei: Bagnasco e vertici Chiesa sulle linee per il 2010-2020» in cui si informa della riunione del Consiglio episcopale permanente si parla pure di un recente affaire. In questo modo: «Il caso Dino Boffo, direttore storico di Avvenire dimessosi dopo una campagna denigratoria lanciata contro di lui dal Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi...».
Poi, il signor Haraszti si sarà rimesso a riflettere sulla libertà di stampa in Italia, sull’Ansa, su Repubblica, sui rischi paventati da Giulio Anselmi. Ma il signor Haraszti è uno che ha pure buona memoria e si ricorda di aver letto un’altra intervista ad Anselmi. Un colloquio nel quale quest’ultimo rivelava di essere rimasto colpito di una cosa del Berlusconi politico: «Il suo approccio coi giornalisti.

In Italia si era abituati a dei mostri sacri come De Mita o Craxi, gente inavvicinabile, che si faceva intervistare solo da giornalisti addomesticati. Berlusconi, invece, lo incontravi sotto il portone di casa sua e ti rilasciava un’intervista che ogni volta ci aprivi il giornale. E non faceva distinzione tra Repubblica, Messaggero, il suo Giornale».

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