Noi è da quando eravamo ragazzi - e come tutti i ragazzi ci sentivamo ribelli, rivoluzionari e così di sinistra che siamo poi finiti a destra - che leggiamo Noam Chomsky. All'università abbiamo divorato i suoi saggi su ideologia e potere e soprattutto quel suo studio fondamentale che è Il club dei ricchi, un'ineguagliata denuncia della concentrazione del potere e della ricchezza nelle mani di un'élite che può manipolare la democrazia, l'economia e l'informazione.
È per questo che di tutte le foto che sono uscite sul caso Epstein quella che ci ha colpito di più non è di Clinton, o di Trump o del Principe inglese. Ma quella di Epstein, sul suo aereo privato, con Noam Chomsky. Una foto che peraltro più che screditare Chomsky riabilita Epstein...
Comunque. Fatte salve, come sempre, la presunzione di innocenza e la prevalenza del contesto (bisogna sempre contestualizzare...), vedere l'ultramarxista, pauperista e anticapitalista Noam Chomsky chiacchierare amabilmente su un jet, ospite di un multimiliardario, ci ha dimostrato due cose. Uno: che il marxismo per realizzarsi ha sempre bisogno dei soldi. Due: che esiste un inferno anche per gli intellettuali.
Chomsky, dopo averci fatto lezione per una vita sul fatto che chi accetta di assimilarsi al
potere diventa egli stesso funzionale al potere, è diventato, con una sola foto, l'emblema del peggior potere che lui, da filosofo, ha sempre condannato. E a suo modo è anche questa una bella lezione di filosofia. Per lui.