Anche il muro dei moralisti adesso comicia a sgretolarsi

Roma Sarà che il concetto «carta canta» regge ancora. Sarà che, come scrive Barbara Spinelli sulla Stampa, «la differenza fra accertamento dei fatti e calunnia diventa cruciale». Perché «è più che mai urgente distinguere» i due ambiti, partendo da un dato di fatto: «La parola chiave non è l’omosessualità, ma le minacce a un privato cittadino». Già, proprio cosi. E adesso, passata la buriana, le prime crepe, all’interno del neo-partito dei moralisti, iniziano a notarsi. Così, il fronte di chi bollava come «killeraggio politico», sic et simpliciter, la decisione di pubblicare il decreto di condanna, per molestie, intestato all’ex direttore di Avvenire, comincia a vacillare. E il dubbio che la scelta di Vittorio Feltri non sia stata poi così «schifosa», s’insinua nella stampa che fino a ieri urlava la malafede del Giornale.
Partiamo allora dall’intervento di Vittorio Messori sul Corriere della Sera, dal titolo eloquente: «Le carte blindate e il riequilibrio dei poteri». «Le dimissioni», argomenta Messori, «hanno offerto a un uomo martoriato» pure «la possibilità di evitare ciò che non ha fatto». «Autorizzare», cioè, il tribunale di Terni «a pubblicare l’intero fascicolo processuale. Il suo avvocato, in effetti, ha chiesto che quelle carte restino blindate». Dunque, «conosciamo solo le due pagine di conclusioni, senza sapere perché il giudice è pervenuto a esse». E sapete perché Boffo non ha presentato, almeno finora, l’annunciata querela al Giornale? «L’avvocato del denunciato avrebbe diritto di accedere al fascicolo rinchiuso negli archivi. Ed è ovvio che tutto finirebbe subito su tutte le prime pagine».
Si vedrà. A prendere le distanze è pure Giampaolo Pansa, che commenta sul Riformista: Boffo «avrebbe potuto spegnere subito» la guerra civile di carta, «spiegando come si era deciso a pagare l’ammenda per evitare un processo pubblico. Però non l’ha fatto. Forse aspetta ancora il momento adatto». Ma c’è dell’altro. Gli «insulti sputati» dalla sinistra in faccia a Feltri e a Maurizio Belpietro. «Non mi stupiscono». Il motivo? «Sono gli stessi che avevano sputato contro di me per i miei libri revisionisti sulla guerra civile».
Insomma, il castello di carta rischia di sgretolarsi. A soffiarci su è pure Franco Grillini, convinto che l’ex guida dei media Cei sia «indifendibile». Il presidente onorario dell’Arcigay, in un editoriale su L’Altro, attacca: «Negli ambienti della politica e del giornalismo, tutti sapevano tutto del direttore di Avvenire». Tuttavia, «soprattutto a sinistra», Boffo «andava e va difeso perché negli ultimi mesi avrebbe attaccato» Berlusconi. L’ex deputato pone un interrogativo: «Chiedo ai progressisti indignati con Feltri: cosa c’è da difendere? Cosa c’è da salvare?».
In attesa di risposte, Eugenio Scalfari attesta la frattura interna al mondo ecclesiastico. E boccia così, su Repubblica, la presa di distanza di Gian Maria Vian.

«Il direttore dell’Osservatore romano - puntualizza - si è pubblicamente dato il merito di non aver mai sollevato il tema d’un peccato privato ed ha criticato il collega Boffo per averlo fatto. Strano vanto in verità». Vale la pena chiudere con il «sacrificio» chiesto da Grillini. Ovvero: «Chi vuole per gli altri una vita “specchiata”, giri con una telecamera nelle mutande».

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