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Anche il Polo dice sì al Libano Il grazie della sinistra: insulti

Prodi: «Tutto merito mio». Diliberto fa il beffardo. Napolitano: «Ma io mi congratulo con i due schieramenti»


«Buona notizia: si è tutelato l’interesse nazionale». Giorgio Napolitano apprezza il voto quasi unanime (solo la Lega si è astenuta) delle commissioni Difesa e Bilancio della Camera sulla missione in Libano, complimentandosi «con la maggioranza e l’opposizione». Peccato Prodi sbandieri invece negli stessi minuti «il riconoscimento del nostro lavoro» e Diliberto si avventuri nella denigrazione della «confusione mentale della Cdl» mettendo a repentaglio lo sforzo di passare sopra le divisioni.
Perché che tra pochi giorni in aula si possa ripetere l’unità torna a essere un po’ in dubbio. Non tanto per la questione in sé - la tutela dei nostri militari inviati in una zona ad alto rischio - quanto per la pretesa di parte della sinistra di potere ottenere comunque un sì dal centrodestra senza alcuna forma di apertura. Alle parole concilianti che D’Alema aveva rivolto a Fini, almeno ieri dopo il voto, non ci sono stati seguiti. Semmai zone d’ombra: come quella evocata dal segretario di Rifondazione Giordano che, per convincere la direzione del suo partito al via libera alla missione Onu (solo 4-5 i no dell’ala dura) si è detto convinto che il semaforo verde serve da viatico, o meglio «da premessa per un ripensamento sull’Afghanistan». Ovverosia: diciamo sì alla missione di pace in Libano per poter urlare con più forza: via da Kabul. Non è il solo a frapporre ostacoli. Ai partiti della Cdl che chiedono all’esecutivo di inserire quella libanese in un più ampio arco di missioni di pace, il comunista Venier risponde che non si deve dare nessuno spazio alle richieste del centrodestra.
E dunque sarà difficile raggiungere lo stesso grado di unanimità di ieri nella seduta plenaria sul decreto a Montecitorio. Perché, come ha spiegato ieri il sottosegretario agli Esteri Boniver, erano tanti i deputati di Forza Italia che avevano detto di esser disposti a votare sì nonostante i maldipancia per «l’overdose di superiorità morale» di cui è strafatta la sinistra e che ora, dopo la piega presa dalle cose, potrebbero ripensarci. «La nostra è una apertura di credito al governo» aveva del resto riferito anche Ignazio La Russa nello spiegare l’adesione dei parlamentari di An alla risoluzione approvata ieri a commissioni riunite. Ma specie dopo l’attacco di Diliberto, son parecchi ora gli uomini di Fini che storcono la bocca. Magari anche perché pressati dal giudizio sprezzante di Alessandra Mussolini che da destra li morde ai fianchi: «È stato un grave errore - ha detto - e ora voglio vedere chi potrà chiamare in piazza l’elettorato di destra dopo questo inciucio». Anche la Lega freme: Maroni ha spiegato che il Carroccio si è astenuto per responsabilità, ma che la tendenza resta per il no, davanti all’atteggiamento delle sinistre. E non si tratta di smentire l’impegno internazionale nei confronti del quale il centrodestra dice di nutrire rispetto, al pari di quello sempre avuto nei confronti dei nostri soldati. Il problema - dicono gli esponenti di Forza Italia ed An - è che permangono i dubbi sulle regole d’ingaggio, sul disarmo degli Hezbollah, sulla stessa copertura finanziaria di una missione che nemmeno si immagina quanto potrà durare nel tempo. Unico soddisfatto, su quel versante, Pierferdinando Casini: «Il sì è per l’Italia, non per Prodi o D’Alema».

Ma l’ha detto pochi attimi prima delle rivendicazioni del Professore.

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