Anche la Polverini nel fango di Affittopoli ma la casa è del marito da cent'anni 

L’Espresso accusa: il coniuge vive in un appartamento Ater a canoni vantaggiosi. Però dimentica che l’alloggio è abitato dalla famiglia di Cavicchioli dagli inizi del ’900

Anche la Polverini nel fango di Affittopoli 
ma la casa è del marito da cent'anni 

Roma Renata Polverini è sotto attacco. Il go­vernatore del Lazio, che ha avviato un’azio­ne di verifica sulle case della Regione asse­gnate a inquilini vip a prezzi di favore, è tor­nata nel mirino dell’ Espresso perché suo marito risulta residente in un immobile del­l’-Ater, locato a canoni vantaggiosi. Si tratta di 60 metri quadri a Roma in via Bramante, nella zona residenziale di San Saba, vicina al prestigiosissimo Aventino.

Il settimanale diretto da Bruno Manfellotto ha realizzato un servizio molto informato sulla palazzina popolare indicando che sul­la targhetta del citofono compaiono i nomi «Cavicchioli-Polverini-Berardi». Cavic­chioli è il cognome del marito di Polverini, Massimo, e Berardi è quello della suocera Pierina, morta anni fa. Considerato che, ai tempi della corsa elettorale vinta contro Emma Bonino, Il Fatto Quotidiano effettuò un’ampia ricognizione delle proprietà im­mobiliari del governatore, la rivelazione sembrerebbe legittimare dubbi sull’espo­nente pidiellina.

La situazione reale, però, è ben diversa. Con una nota stampa diffusa ieri, il governa­tore ha precisato che «l’appartamento, po­sto al quarto piano senza ascensore, con una metratura di circa 60 metri quadri, sen­za balconi, è stato assegnato, nei primi anni del ’900, a Cesare Berardi, padre di Pierina Berardi».Negli anni ’70 la nonna paterna di Massimo Cavicchioli, Clementina Baratti, «è subentrata legittimamente nell’apparta­mento in forza del principio della necessa­ria tutela dei nipoti Massimo Cavicchioli e di sua sorella, nel frattempo rimasti orfani di entrambi i genitori».

Insomma, non c’è nessun imbroglio per­ché «l’immobile in questione, come tutto il complesso al quale appartiene, non è stato mai inserito in alcun piano di vendita, per complesse questioni di carattere giuridico­urbanistico mai risolte » e, soprattutto «non si tratta di un affitto alla presidente della Re­gione né tantomeno di favore, ma di una questione che riguarda esclusivamente il marito» che intende tutelarsi in sede legale. «Peccato che la notizia non sia nuova vi­sto che della mia vita si sa tutto e che non è neppure uno scandalo, considerato che mio marito abita in quella casa da quando è nato», ha concluso Polverini stigmatizzan­do «l’attenzione morbosa e maleducata»ri­servatale visto che sono state diffuse foto e indirizzo dell’abitazione nella quale anche lei ha risieduto dal 1989 a 2004. Ma, come detto, da quando è entrata in politica la stampa non le ha risparmiato «affettuosi­tà».

Divulgando, in primo luogo, la storia delle sue compravendite immobiliari, in particolare l’acquisto dell’attuale residen­za all’Aventino: due appartamenti venduti dallo Ior e da un’altra società immobiliare vicina alla Santa Sede. In passato Polverini aveva acquisito e successivamente ceduto un’abitazione a Monteverde (donata alla madre) e un appartamento al Torrino dal­l’Inpdap, poi venduto a un collega dell’Ugl. Appare abbastanza chiaro l’intento di cre­are una luce sinistra sul governatore, prima squadernando le sue proprietà e poi sottin­t­endendo la possibilità che abbia beneficia­to di un affitto a prezzi di favore. Proprio nel momento in cui Comune di Roma e Regio­ne Lazio intendono far chiarezza sulle ge­stioni allegre del centrosinistra. Non a caso proprio il sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, è stato tra i primi a esprimere solidarietà a Polverini. «Un attacco artificio­so e lesivo della sua privacy familiare.

È inaccettabile continuare a spargere fango e veleno», ha dichiarato.

I dipietristi dell’Idv ne hanno subito approfittato per fare propa­ganda presentando una proposta di legge che istituisce il divieto per gli enti di affitta­re case popolari a chi ricopre cariche pub­bliche. Menano fendenti anche Pd e Sel, due partiti che hanno affittato a canone cal­mierato alcune sezioni romane. Forse il si­lenzio sarebbe stato più opportuno.

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