da Roma
Garbatella, quartiere «rosso» della capitale, celebre da quando qui è stata ambientata la fortunata serie tv «I Cesaroni». Tra le strade e le casette a due piani della «borgata giardino», voluta da Mussolini alla fine degli anni 20 come esempio di edilizia residenziale pubblica, i muri sono testimoni silenziosi del terremoto elettorale che si è spinto fino a qui. «Roma non merita un sindaco fascista», avverte minaccioso un manifesto che porta la firma di «Action», il movimento di lotta per la casa. Il sindaco «fascista» sarebbe Gianni Alemanno. Ma il «veteromonito» è caduto nel vuoto. Un po come il tentativo del Pd romano di «arruolare» i protagonisti dei «Cesaroni» come supporter a fini elettorali, respinto a mezzo stampa da uno dei protagonisti, Claudio Amendola, alla vigilia del primo turno. E alla fine questo storico rione, feudo della sinistra, che ha confermato come presidente del municipio un uomo del Prc, Andrea Catarci, al ballotaggio ha sgambettato lex sindaco neotrombato.
Numeri impietosi: Rutelli al primo turno aveva incassato 42.290 preferenze, Alemanno era fermo a 30.707. Due settimane dopo il nuovo sindaco di Roma si è trovato 5.600 voti in più, Cicciobello 4.400 in meno. Davanti alla locale sezione del Pd, in via delle Sette Chiese, un gruppo di militanti prova a consolarsi: «Rutelli comunque ha preso il 51,66 per cento, e quindi in democrazia questo vuol dire che ha la maggioranza. Qui non cè nessuno tsunami». Non è successo niente e Alemanno è sindaco. E in un collegio dove persino Zingaretti, candidato Pd eletto alla presidenza della provincia, ha preso meno voti dellazzurro Antoniozzi. Realtà o fiction? Politica o, appunto, Cesaroni? Forse è solo sarcasmo. «Stiamo elaborando il lutto - ammette alla fine con un mezzo sorriso uno di loro - e poi ci sarà da fare una riflessione. Ripassa tra un po».
E mentre al Pd si riflette, il resto del quartiere ghigna. In piazza Giovanni da Triora cè un posto che davvero unisce fiction e realtà. Quella che in tv è la bottiglieria di Giulio Cesaroni (Claudio Amendola), ospita il bar (e il Roma club) di Vincenzo Mantini, dietro al bancone da 37 anni. «Il tonfo era nellaria - sospira, passando un ghiacciolo a una bimba venuta con la madre a spiare i «luoghi cesaroniani» - ma alla fine se la sono voluta: sono stati due volte al governo e non hanno fatto niente. Meglio il cambiamento». Fuori, al tavolino, due ragazzi chiacchierano con Roberto Valenzi, 81 anni portati con la leggerezza di un ragazzino. «Merito dellaria della Garbatella, che è bbona perché qui se famo i c. nostri», ride lui, ex tipografo al Tempo, decisamente di sinistra e decisamente scontento delle scelte calate dallalto. «Rutelli è... che è Rutelli? Un chierichetto, e chi lo doveva vota? Io ho scelto il voto disgiunto: va bene Zingaretti, non va bene Cicciobello. Non che mi piaccia il fascista Alemanno, io non lho votato, ma lo hanno fatto vincere loro». E al di là delle battute, Roberto avverte: «Ora non cominciamo a solleva emergenze democratiche per il nuovo sindaco: il fascismo non esiste più, è finito, come pure il comunismo. E basta».
Alla fine, però, uno che ha obbedito allordine di scuderia salta fuori. «Ebbene sì, ho votato Rutelli turandomi il naso, quelluomo ha troppa spocchia, non capisco perché non candidare qualcun altro, che so, Bettini», sospira Nicola, mentre accanto a lui Paolo lo punzecchia: «Almeno la Provincia lavete presa. Io ho votato Alemanno, so contento così». Ma «lex missino» in Campidoglio non dispiace troppo nemmeno a Nicola. «Non è male - ammette - ma temo tensioni tra i ragazzi di sinistra che si trovano non più rappresentati e quelli di destra che dopo anni in cui sono stati ai margini potrebbero aver voglia di rivalsa».
Si spinge ai confini dellantipolitica Nello, in piazza SantEurosia, strizzando le palpebre dietro le lenti gialle dei suoi occhiali e scuotendo la testa. «A me mhanno rotto tutti, destra, sinistra, centro. Guardala, la Garbatella. È sporca, non ci sono parcheggi, non è mica come in tivù. Chiaro che poi della politica non te nimporta più niente.
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