Anche la Romania in cattedra: «Italia razzista»

Bene la durezza con chi delinque, ma attenti al razzismo. Dopo gli ultimi episodi di cronaca nera che hanno visto protagonisti cittadini romeni - e i conseguenti episodi di intolleranza e ritorsione contro la comunità straniera - da Bucarest il ministro degli Esteri Cristian Diaconescu alza la voce verso Roma. Chiede misure per prevenire la «violenza discriminatoria» contro i romeni d’Italia, ma punta anche il dito su Palazzo Chigi. Parole pesanti: alcuni componenti dell’esecutivo - sostiene Diaconescu, che invita «al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali» - inciterebbero alla xenofobia, attraverso una «retorica aggressiva e provocatrice». L’ultima accusa arriva ieri dai microfoni del programma radio Romania Actualitati. Ma il ministro degli Esteri già due sere fa aveva annunciato che l’ambasciata a Roma avrebbe ufficialmente chiesto alle autorità italiane di «rivedere» atteggiamenti e linguaggio - anche a livello politico - riservati ai cittadini romeni. Denunciando alla Farnesina i molti casi di razzismo di cui sarebbe stata fatta oggetto l’intera comunità romena nel nostro Paese, e scrivendo a prefetti e sindaci di paesi, «come Guidonia», dove si sono verificate alcune aggressioni. Diaconescu, pur condannando i reati che i suoi connazionali commettono oltreconfine, ha stigmatizzato il comportamento di alcuni membri dell’esecutivo, senza però fare né nomi né esempi. «Mi sembra altrettanto deplorevole - ha spiegato il ministro - l’atteggiamento di alcuni rappresentanti del governo italiano che, attraverso una retorica estremamente aggressiva e provocatrice, incitano praticamente alla xenofobia. Voglio dire molto chiaramente che questo comportamento non è europeo». Il capo delle feluche romene ha ribadito il concetto più volte. Parlando, per esempio, delle difficoltà e dei pregiudizi affrontati dai suoi connazionali in Italia, Diaconescu ha detto di non ritenere «che ci siano le condizioni affinché la situazione cambi radicalmente», siccome in Italia, a suo dire, «c’è un certo atteggiamento a livello politico e a livello di governo che non riesco a spiegarmi». Restano indiretti e generici i riferimenti a violenze e reati commessi dai romeni in Italia: il ministro parla di «una serie di incidenti» sulla base dei quali però «non è corretto generalizzare una condanna contro un’intera comunità».
All’«offensiva» romena risponde il gelo della Farnesina. Il segretario generale Giampiero Massolo ieri sera ha espresso all’ambasciatore romeno il suo «stupore». Lapidaria la replica del ministro Franco Frattini: «Non risulta in alcun modo che membri dell’esecutivo abbiano utilizzato espressioni che possano essere considerate xenofobe». Meno diplomatico il senatore leghista Lorenzo Bodega: «La Romania non è il Paese più indicato a darci lezioni di europeismo».
Ben più calde le reazioni politiche all’editoriale di Famiglia cristiana che parla di un’Italia «verso il baratro delle leggi razziali», incassando il plauso del Pd e l’annuncio di querela del ministro dell’Interno Maroni. Ieri la querelle è sbarcata in aula al Senato. «Qui si fanno leggi, non si fa razzismo né schedature», ha osservato il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri.

E il periodico dei Paolini, secondo il presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo, è ormai «un giornale eversivo, che detta la linea alla sinistra e i cui toni superano addirittura quelli di certi volantini dei centri sociali».

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