Anche Sarko ha commesso un errore

Il metodo Sarkozy? È più che mai valido, anzi indispensabile. Chi lo rispetta scrupolosamente vince, chi lo tradisce perde. Si dirà: alla guida del centrodestra che domenica in Francia pur vincendo le elezioni, non ha ottenuto la maggioranza abissale annunciata dai sondaggi, era, di fatto, il capo dell’Eliseo. Il che è vero, ma solo in parte. Il presidente francese ha indicato le linee da seguire, ha messo a disposizione del partito, l’Ump, i suoi strateghi, ma poi si è staccato dalla campagna elettorale, assorbito da un’agenda internazionale assai densa: il G8, le trattative con Varsavia per convincerlo ad approvare il compromesso elaborato dalla Merkel che permetterebbe all’Unione europea di uscire dalla paralisi costituzionale. Insomma, ha delegato. E i ministri non si sono dimostrati all’altezza del capo. Uno su tutti: quello dell’economia Jean-Louis Borloo.
È lui il responsabile del mancato trionfo dell’Ump; lui che, con superficialità, sei giorni prima del secondo turno ha annunciato l’intenzione di alzare l’Iva del 4,5%. I socialisti hanno colto l’occasione per paventare l’aumento dell’inflazione e i francesi, fatti due calcoli, si sono resi conto che la vita, già molto cara, sarebbe diventata ancor più onerosa. Il premier Fillon, anziché richiamare energicamente all’ordine Borloo, si è mostrato ondivago, accentuando le perplessità dell’opinione pubblica. Quando lo stesso Sarkozy è intervenuto per smentire tutto era ormai troppo tardi: le urne hanno sancito la scivolata dell’Ump a quota 345 e la rinascita della «gauche» sopra i 200 seggi.
Il paradosso è che l’aumento dell’Iva non è mai stato al centro del programma presidenziale; semmai in quello del partito. In ogni caso un’ipotesi remota. Sarkozy ha perso per colpe non sue ovvero per l’irresponsabilità di un ministro, che persuaso di aver già vinto le elezioni, ha dato ufficialità a quella che era poco più di una bozza tra le tante. Insomma, Borloo si è comportato come la maggior parte dei politici, che una volta giunti al potere, tradiscono il contratto fiduciario con gli elettori, imponendo balzelli a carico della comunità.
Ma Sarkozy ha vinto presentandosi come il presidente della rottura, che giurava di mantenere le promesse e che chiedeva di farsi sui risultati, solo sui risultati. «Vi dirò tutto prima per fare tutto dopo», era il suo slogan preferito durante il lungo, appassionante duello con Ségolène Royal. L’infortunio di domenica lo ha inquietato non tanto per l’entità dei seggi persi, tutto sommato marginale - il centrodestra ha una maggioranza sufficientemente ampia, che consente alla Francia di restare saldamente ancorata a destra - quanto per il suo significato simbolico. E lo ha convinto che la strada che lo ha portato all’Eliseo, quel rigore, quella sincerità non possano essere abbandonate, anche, anzi, soprattutto, quando il successo appare scontato. Se Borloo, anziché parlare di Iva, avesse insistito sul progetto di legge che liberalizza gli straordinari, sgravandoli degli oneri fiscali e sociali, oggi l’Ump conterebbe all’Assemblea nazionale più di 400 seggi.


Connaturata al progetto di Sarkozy, è la volontà di instaurare un nuovo rapporto tra la politica e la società civile, in cui la credibilità e il rispetto degli elettori sono elementi irrinunciabili. Sarkozy ha capito la lezione: il voto dell’altro ieri anziché affievolirne l’impeto riformista, lo accentuerà. L’uomo è fatto così: la difficoltà lo esalta, la sfida lo motiva, la coerenza lo premia.
Marcello Foa

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