Cultura e Spettacoli

Anche a scuola la Bibbia ha molto da insegnare

All’appello dell’associazione «Biblia» per portare il Grande Libro fra i banchi hanno aderito 5mila fra intellettuali e docenti

È presente nella biblioteca di molte case, ma soltanto un terzo della popolazione ha sfogliato le sue pagine: la Bibbia è un oggetto d’arredamento e nulla più per il 75 per cento delle famiglie italiane. Il poeta francese Paul Claudel sosteneva che i cattolici nutrono un tale rispetto per la Bibbia da tenerla a debita distanza. Di certo lo fanno gli italiani che da recenti sondaggi risultano come naufraghi nell’oceano di eventi, personaggi, libri ed epoche storiche contenute nel Grande Libro.
Agnese Cini Tassinario è donna dal piglio deciso e da vent’anni si batte affinché le cose cambino: lo fa grazie a «Biblia», associazione laica di cultura biblica aperta a credenti e laici, non nuova ad appelli per colmare un vuoto culturale ormai palpabile. Il primo fu nell’89, l’ultimo è di questi giorni: all’invocazione di portare la Bibbia sui banchi di scuola hanno risposto 5mila firmatari tra docenti, intellettuali ed esponenti della società civile. A scorrere l’elenco trovi anche Amos Luzzatto, Margherita Hack, Massimo Cacciari, Umberto Eco. Tutti concordi nel sollecitare il mondo della scuola (ministero compreso) a considerare la conoscenza della Bibbia «componente indispensabile nella formazione di ogni studente e di ogni cittadino». Beninteso, si parla del testo biblico, ché la proposta non intende interferire con l’insegnamento della religione cattolica in classe. L’obiettivo è piuttosto formare gli insegnanti di ogni ordine e grado affinché accanto alle citazioni dei grandi classici ci sia posto anche per quest’opera.
«Potrebbe essere un modo per ricostruire il volto dell’uomo europeo quando questo sembra stingersi e talvolta estinguersi», ha commentato monsignor Gianfranco Ravasi, fine biblista e prefetto della Biblioteca Ambrosiana, ricordando come anche il dialogo con il mondo islamico abbia nella conoscenza della Bibbia (molto citata nel Corano) un importante alleato. Altri hanno fatto sapere di avere una così alta concezione del Sacro Testo e una così bassa opinione della scuola italiana da preferire che le due cose non si confondano. La battuta è dello scrittore Erri De Luca che, come del resto Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, ha preso le distanze dall’iniziativa. A Di Segni, secondo il quale lo studio della Bibbia è un’esperienza da difendere in un «sacro recinto», Gad Lerner risponde: «Non auspico le divisioni e questo appello è l’esatto contrario del catechismo a scuola. Insegnare a conoscere la Bibbia significa incoraggiare lo spirito critico e l’interpretazione, un atto che si oppone all’invadenza integralista nella scienza che in America ha scatenato tante polemiche sul fronte del darwinismo».
«Biblia» ha già fatto molto in questi anni e la risposta positiva del corpo insegnate non si è fatta attendere. Oggi si vorrebbe fare di più perché quella che lo studioso Salvatore Natoli giudica «un’opera aperta e contaminata da mille culture» si trasformi davvero in un grande codice universale utile per affrontare le sfide della modernità.

Vietato lasciarlo sullo scaffale.

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