Anche al Senato il riscatto di Bettino Schifani: «Pagò le colpe del sistema»

RomaBettino Craxi «vittima sacrificale». Un uomo abbandonato al suo destino di esule per permettere al resto del sistema di sopravvivere ad «una crisi morale ed istituzionale» che in realtà riguardava tutti. Renato Schifani ricorda così il leader socialista, durante una cerimonia di commemorazione molto affollata, tenutasi ieri a Palazzo Madama.
Sono passati dieci anni dalla morte e molti di più dal quel giorno di luglio del ’92 durante il quale Craxi chiese all’assemblea di Montecitorio di condividere la responsabilità del sistema di finanziamento illecito dei partiti.
Il contributo più importante per svelenire il clima ed affrontare le questioni rimaste in sospeso, però, è appena di ieri. Con la lettera del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, indirizzata alla moglie Anna, si apre un nuovo capitolo per la storia dell’era del garofano. Quella lettera, dice la figlia Stefania, «è importante perché apre la via ad una pacificazione nazionale» o almeno lei lo spera.
Certamente c’è sempre Antonio Di Pietro che tuona per la «vergognosa beatificazione di un pregiudicato in una sede istituzionale» mentre un gruppo di manifestanti rinnova il rito del lancio delle monetine davanti all’Hotel Raphael a due passi da piazza Navona.
Silvio Berlusconi, che pure assiste a tutta la cerimonia seduto in prima fila, preferisce non parlare, respingendo l’invito del moderatore Michel Martone con un cenno della mano. Un silenzio che comunque non dispiace alla figlia di Craxi. «Berlusconi con la sua presenza ha voluto onorare un suo amico - dice Stefania -: non parla per rispetto e sensibilità. Non vuole coprire la commemorazione e non vuole essere tirato dentro polemiche strumentali». Il premier scambia soltanto un paio di battute con Ottaviano Del Turco (arrestato un anno e mezzo fa quando era governatore per un’inchiesta su tangenti nella sanità abruzzese). «Ho sofferto per te», dice Berlusconi a Del Turco, abbracciandolo.
Nel suo discorso il presidente del Senato ripercorre tappe importanti di quegli anni di governo. Come, ricorda Schifani, «il famoso decreto di San Valentino, del 14 febbraio del 1984, che corresse il rigido meccanismo della scala mobile aprendo la via all’affermazione di una vera politica dei redditi». E poi anche «la complessa negoziazione della revisione dei Patti Lateranensi con un accordo che aprì una nuova fase nei rapporti tra lo Stato e Chiesa».
Dunque il presidente del Senato assegna a tutti «il compito di riflettere su Craxi e una stagione drammatica che non ha consentito di valutare con serena obiettività comportamenti diffusi». Solo per Craxi, conclude Schifani, «non ci furono sconti, ha pagato più di ogni altro colpe che erano di un intero sistema politico».
Anche il figlio di Craxi, Bobo, sottolinea l’importanza del gesto di Napolitano. Quella lettera, dice, «è come se l’avesse scritta alle Camere», aprendo così «una riflessione politica che vale per il futuro».
Quello che non vuole sentire Bobo Craxi è il termine “riabilitazione”: «Nessuno deve usarlo: è un termine che si usava nei regimi totalitari». E di riabilitazione non vuol sentir parlare neppure il ministro degli Esteri, Franco Frattini: «È sbagliato - dice - non dobbiamo commettere questo errore».


Un rimprovero al capo dello Stato invece arriva da parte di Sonia Alfano, Italia dei valori, figlia del giornalista ucciso dalla mafia. «Napolitano commemora Craxi», dice la Alfano, «ma dimentica l’anniversario della morte di mio padre».

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