Anche la strada di sponda diventa antifascista

(...) fanno finta di niente e preferiscono pensare ad intitolare la nuova strada di sponda destra sul torrente Polcevera al 30 giugno 1960.
Non è una provocazione ma quanto la giunta comunale ha disposto con una delibera del luglio scorso e che nei prossimi giorni sarà valutata prima dal Municipio Valpolcevera - che ha competenza in materia territoriale - e in seguito dal consiglio comunale. «Si chiede di portare all’attenzione la proposta condivisa dalla giunta comunale di intitolare la nuova strada sulla sponda destra del torrente Polcevera al 30 giugno 1960 in ricordo dei fatti che, attraverso la rivolta contro il congresso dell’Msi e del governo Tambroni, dimostrarono l’impegno di Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, a difesa della democrazia e della costituzione». Così sta scritto nel documento che tra giovedì e venerdì prossimo verrà analizzato in consiglio municipale in Valpolcevera e che troverà la netta contrarietà del Popolo della Libertà: «Si tratta di una proposta ignobile che elogia la violenza e il rovesciamento di un governo frutto di scontri di piazza che non ebbero nulla di democratico - tuona Alessio Bevilacqua, consigliere del Pdl e presidente della I commissione che dovrà occuparsi di analizzare il provvedimento -. Meno male che la proposta arriva proprio dal partito democratico». Bevilaqcua ce l’ha anche con il metodo utilizzato dalla giunta guidata da Marta Vincenzi «perché, invece di coinvolgere le associazioni della vallata e il municipio per proposte che tengano in considerazione il territorio, si fa promotrice di una ignobile decisione».
Se Atene piange, Sparta non ride. Perché in consiglio comunale a ritentare l’iter per l’intitolazione di una via a Fabrizio Quattrocchi ci prova Gianni Bernabò Brea, capogruppo della Destra. Lo fa attraverso una mozione che ricorda come «ci sia stata anche la richiesta di archiviazione del fascicolo per il quale si ipotizzava che Quattrocchi fosse un mercenario».

Come dire, adesso non ci sono più scuse «perché Fabrizio era un cittadino genovese, caduto vittima di un brutale atto terroristico contro l’Italia e che con coraggio ed esemplare amore di Patria, affrontando l’esecuzione ha tenuto alto il prestigio e l’onore della Nazione».

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