Ancora bombe dei talebani: vogliono colpire i soldati ma fanno strage di bambini

Questa volta tocca ai tedeschi, che da settimane avevano segnalazioni di un piano kamikaze contro le loro truppe nel nord dell’Afghanistan. Due soldati del contingente di Berlino sono rimasti uccisi assieme a cinque bambini afghani, povere vittime senza alcuna colpa. Il terrorista suicida ha atteso al varco una colonna motorizzata nel distretto di Chahar Dara, vicino a Kunduz, il capoluogo dell’Afghanistan settentrionale dove sono dispiegati oltre tremila soldati tedeschi. Il kamikaze ha colpito alle 9 di mattina, nella fascia oraria classica degli attacchi suicidi. Nell’esplosione sono morti due soldati e altri due sono rimasti feriti. Il «martire» assassino ha falciato anche cinque bambini e un altro è rimasto ferito. I piccoli afghani si avvicinano spesso ai soldati della Nato per chiedere bottiglie d’acqua, penne, quaderni o dolciumi.
Kunduz fu nel 2001 l’ultima roccaforte talebana nel nord dell’Afghanistan. La zona è un’enclave pasthun, serbatoio etnico dei seguaci di mullah Omar. Non solo: a Kunduz è nato Gulbuddin Hekmatyar, uno dei peggiori signori della guerra afghani alleato dei talebani. Il suo partito clandestino, l’Hezb i Islami, ha delle cellule nell’area. I tedeschi, schierati in una zona solitamente tranquilla rispetto al sud del Paese, sono da tempo nel mirino. In tutte le basi Nato dell’Afghanistan è affissa la foto da bravo ragazzo di Erich Breininger. Un ventunenne tedesco che ha abbracciato la guerra santa. Assieme ad altri invasati con il passaporto germanico si è addestrato nelle aree tribali al confine fra Pakistan e Afghanistan. L’intelligence lo segnalava da tempo come uno dei più pericolosi kamikaze «bianchi», gli occidentali dalla pelle chiara che potrebbero avere più facilità ad avvicinarsi alle truppe del proprio Paese dispiegate in Afghanistan. Cuneyt Ciftic, un altro tedesco, ma di origine turca, si è fatto saltare in aria il 3 marzo scorso al volante di un camion zeppo di esplosivo contro la base americana «Salerno» di Khowst.
Sabato scorso un terrorista suicida aveva colpito gli italiani a Herat. Meno di 24 ore dopo gli alpini della Julia si sono aperti un varco fra i talebani per raggiungere l’avamposto sperduto di Bala Murghab nella provincia di Baghdis. Uno degli elicotteri Mangusta intervenuto per dar man forte è stato scalfito dal fuoco talebano, ma ha continuato a volare senza problemi.
«L’attenzione da parte dei militari che escono in missione è sempre al massimo. Il morale è alto e gli alpini sono preparati ad affrontare qualsiasi evenienza, compreso il generale inverno» ribadisce da Herat il capitano Antonio Bernardo, portavoce del contingente italiano. Con l’arrivo della neve Bala Murghab rimarrà isolata, ma gli alpini della Julia non molleranno e verranno riforniti con gli elicotteri. Negli ultimi due giorni si è combattuto ad una sessantina di chilometri da Kabul. Dove i talebani organizzano posti di blocco volanti. In dieci ore di battaglia i soldati della Nato hanno lasciato una ventina di talebani sul terreno. Altri 34 sarebbero stati uccisi in violenti combattimenti con i militari afghani a Lashkar Gah, nel sud del Paese.
Il problema è che la volontà politica di andare fino in fondo vacilla. Lo ha affermato il comandante in capo della Nato, il generale americano John Craddock.

In una conferenza a Londra ha sottolineato come le preoccupazioni dei Paesi membri sull’invio di più truppe e sulla loro dislocazione ostacoli i progressi sul terreno. Secondo il generale «anche un breve sguardo alla volontà dimostrata dalla nostra Alleanza nella missione in Afghanistan mette in luce alcuni difetti evidenti».
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