Ancora sgomberi, De Corato: «Costruiamo un nuovo Cpt»

Ieri sono stati liberati 34 appartamenti nel «residence» di via Cavezzali

Enrico Lagattolla

Il blitz, in via Cavezzali, scatta alle 7. Un centinaio, gli agenti di polizia. Il «residence della malavita», come lo chiamano da queste parti, è stato sgomberato. Quaranta persone (di cui 19 tra nordafricani, urugayani, un brasiliano e un romeno, tutti senza regolare permesso di soggiorno) vengono accompagnate in questura per accertamenti, 34 appartamenti occupati abusivamente sono liberati, e riconsegnati ai legittimi proprietari.
Un bel palazzo, da fuori. «Ma dentro è un’altra cosa», dice chi ci abita. «Qui c’è da avere paura, viviamo in uno stato di abbandono e degrado». Un ex residence, con tanto di insegna «Jolly inn» ancora in vista, ristrutturato nel 1993 e trasformato in multiproprietà: decine di mini appartamenti di uno e due locali, con aria condizionata, all’interno di una struttura di dieci piani (attico a tutto vetri compreso). Telecamere a sorvegliare il giardino e i lati dell’immobile e servizio di portineria giorno e notte, tra un centro benessere e una sala bowling. Un immobile signorile a pochi metri da via Padova, e un precedente che contribuisce alla sua fama «sinistra». In questo cortile, il 27 febbraio scorso, un marocchino di 37 anni, Abdelkhalek Nakab, con precedenti per spaccio e ricettazione, è stato ucciso da una guardia giurata, V.P., di 42 anni, al termine di una lite.
«Stiamo andando nella direzione giusta - commenta il vicesindaco Riccardo de Corato, ricordando anche le operazioni di controllo del palazzo delle Poste in via Ferrante Aporti, ormai in abbandono, dove sono stati trovati molti giacigli e tre persone senza casa -, le azioni di sgombero di oggi rappresentano un segnale forte per la tutela della legalità». Il senatore di Alleanza Nazionale, inoltre, torna sul tema dei centri di permanenza temporanea. Esiste «la necessità quanto mai impellente, di potenziare le strutture esistenti e costruirne di nuove su aree del demanio dello Stato, anche riconvertendo strutture obsolete e in disuso, come vecchie scuole o caserme». «I centri - prosegue - devono essere situati nei punti più caldi, come la città di Milano, dove si concentrano maggiormente i clandestini in cerca di lavoro dopo gli sbarchi. Senza un numero adeguato di Cpt manca un efficace strumento per contrastare una situazione che sta diventando sempre più complessa. Nel nord Italia ci sono solo tre centri, a Milano, Torino e Gorizia con una capienza complessiva di circa 350 posti. Quello di via Corelli può ospitare circa 140 persone alla volta, un numero irrisorio rispetto alla reale necessità se pensiamo che in questi giorni le forze dell’ordine insieme all’amministrazione comunale hanno effettuato tre sgomberi: ex area Falck, ex istituto Marchiondi e via Cavezzali da cui sono stati messi in fermo per non essere in regola 210 clandestini».

«Chiederò con un’interrogazione - conclude il vicesindaco - un intervento del Governo perché si attivi quanto prima a chiedere all’Unione europea i fondi destinati al finanziamento di queste iniziative, che permetteranno di continuare a dare segnali fermi e decisi ai cittadini».

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