Laura Cesaretti
da Roma
«Sarò pronto», promette Romano Prodi. Pronto con la lista dei ministri, per il momento (tuttora imprecisato) nel quale gli verrà conferito da un presidente della Repubblica (tuttora imprecisato) il sospirato incarico di capo del Governo.
Per il momento, però, «nellUnione è tutto bloccato», spiegano ai piani alti della Margherita. Tanto che il Professore ha dovuto rinviare il brainstorming con il suo staff di menti politiche, con le quali avrebbe voluto dedicare la domenica a sbrogliare la matassa del toto-ministri. Tutto sospeso in attesa di capire di che morte morirà lUnione a Palazzo Madama, dove la maggioranza si gioca la prova della propria esistenza in vita nel duello allultimo voto tra il suo candidato Marini e il temutissimo Andreotti. E anche di capire, faccenda non secondaria, cosa matura in casa Ds una volta elaborato il lutto per la presidenza della Camera: quanti e quali ministeri verranno giudicati al Botteghino un «risarcimento» adeguato, se DAlema entra o resta sullAventino, se Fassino si prende un portafoglio o no, e di conseguenza che fa Rutelli, con ripercussioni sulla delegazione margheritica.
«Fassino non mollerà losso del partito, e farà solo il vicepremier come Rutelli», assicura un esponente dl. «DAlema ha dato lultimatum a Fassino, tramite Latorre che annuncia il congresso a settembre e il ricambio generazionale, pensando a Zingaretti», giura un dalemiano. «Fassino e Prodi faranno partire un pressing corale perché DAlema accetti la Farnesina, e lui non potrà tirarsi indietro», annunciano altri. Una delle poche certezze, che veniva affacciata ieri, è quella che «a Mastella tocca dargli un ministero», perché anche se tutti si dicono certi che lUdeur non farà scherzetti al Senato perché ne va della sopravvivenza della coalizione, e che le altisonanti minacce mastelliane sono solo un modo «per alzare il prezzo», è meglio andare sul sicuro: dato che il margine a Palazzo Madama resterà incerto per tutta la legislatura, ogni singolo senatore dellUnione è esiziale per la maggioranza. E poi, vista laria che tira, Prodi vorrebbe blindare i segretari di partito al governo.
La partita tra Marini e Andreotti tiene tutti col fiato sospeso. «Il rischio Andreotti influisce direttamente sulla vita del futuro governo», avverte il ds Caldarola, «perché se Marini salta, aumentano di molto per Prodi le difficoltà di dare vita a un esecutivo forte». Di qui linvito (condito forse di sottile perfidia) a Prodi di «non ripetere lerrore del 98», quando rifiutò di chiedere il sostegno a Cossiga e perse la poltrona per un voto: «Il leader del centrosinistra si rivolga ad Andreotti per chiedergli un passo indietro, dandogli pubblico riconoscimento del suo diritto a candidarsi». Invito che però il Professore si guarderà bene dal seguire: non ha alcuna intenzione di legare il proprio nome e ruolo alla battaglia di Palazzo Madama, per ridurre al minimo le ripercussioni su se stesso in caso di sconfitta di Marini: «Non rispondo a domande sul Senato, io lavoro solo per il governo», ha replicato secco ieri ai cronisti che lo incalzavano. Daltronde Prodi è abbastanza certo che uno smacco della maggioranza al Senato magari rallenterebbe, ma non pregiudicherebbe il suo incarico: «Non cè alcuna alternativa già in campo, e il rischio di instabilità sarebbe troppo alto per il Paese», ragionano i suoi. «Al Senato stiamo messi male», confidano ai vertici ds di Palazzo Madama, «lunica speranza è convincere Andreotti a ritirarsi, o cercare di lavorare sulla Lega per fargli mancare voti. Ma non daremmo un bello spettacolo».
Sullo sfondo, grava anche lincognita Quirinale. Peraltro intrecciata con lincognita DAlema: proprio il fatto che i fan del presidente ds si siano imbufaliti contro Bertinotti, per aver lanciato la sua candidatura al Colle, dimostra che DAlema non vuole farsi bruciare così.
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