A Gaspare Pisciotta, il bandito che daccordo con i carabinieri aveva ammazzato il suo capo Salvatore Giuliano, hanno fatto bere nella cella allUcciardone un caffè corretto alla stricnina. Cosimo Cirfeta, il boss pentito della mafia pugliese che ha smascherato i falsi «pentiti» che accusano Marcello DellUtri, ha aspirato nella cella del carcere di Busto Arsizio una bomboletta di gas. Sono passati più di cinquantanni ma non è cambiato molto. Dicono che Cirfeta si è «suicidato», e che la bomboletta di gas serviva per il fornelletto su cui si cucinava. Ma lo sapevano che già altre volte Cirfeta aveva usato il gas della bomboletta per drogarsi, e di questo per screditarlo lo avevano accusato a verbale: e perché glielhanno ridata, la bomboletta di gas, e proprio quando era particolarmente disperato per la persecuzione e i maltrattamenti a cui era sottoposto («latteggiamento svalutativo, negativo, repressivo e persecutorio nei confronti del detenuto - ha scritto la dottoressa del carcere quando Cirfeta ha fatto lo sciopero della fame e della sete - rischia un peggioramento delle sue condizioni fisiche e mentali già critiche») e per la morte del figlio ucciso dallAids, e proprio quando si apprestava a tornare in tribunale per confermare per lennesima volta le accuse contro i falsi «pentiti»? Può anche essere che sia stato lui stesso a inalarsi, e che abbia esagerato e ne sia morto, ma è chi gli ha dato la bomboletta di gas che lha ucciso? Chi è stato? Una guardia penitenziaria? E i magistrati che lo hanno fatto arrestare e gli hanno tolto il contratto di collaborazione e lo tenevano da anni sotto osservazione e sotto pressione e lavevano fatto rinviare a giudizio per calunnia e hanno chiesto per lui e DellUtri la condanna a sette anni, si sono distratti e non lo sapevano e non se ne sono accorti?
Non basta linchiesta giudiziaria in corso, magari fatta dagli stessi magistrati responsabili direttamente o indirettamente di quanto è successo. Cè una proposta di legge, firmata da 104 senatori già nella passata legislatura, per una inchiesta parlamentare sulla gestione dei pentiti, e il caso di Cirfeta è soltanto lultimo di una lunga catena di scandalosi «pentiti»: da quello di Balduccio Di Maggio che, liberato e a spese dello Stato, continuava a mafiare e ad uccidere e diceva di poterlo fare perché aveva «i cani attaccati», cioè teneva al guinzaglio i magistrati, a Gaspare Mutolo, che organizzava a casa sua i banchetti con gli altri «pentiti» e con i giornalisti, ai «pentiti» che accusavano Andreotti e a cui veniva in segreto triplicato lo stipendio (la denuncia è dellex capo della polizia Vincenzo Parisi). Per finire a questo Francesco Di Carlo che è il principale accusatore di Marcello DellUtri e il principale accusato da Cirfeta: Di Carlo stava nello stesso carcere con me e con altri due «pentiti», Onorato e Guglielmini, aveva denunciato già nove anni fa Cirfeta e per nove anni, nonostante le vessazioni, ha continuato a confermarlo, e i tre «pentiti» passeggiavano e mangiavano insieme (cosa che è già espressamente vietata dalla legge) e concordavano tra di loro le accuse da fare a DellUtri e hanno cercato di convincere anche me a fare lo stesso, che io dovevo sostenere che «Berlusconi e DellUtri erano collusi con Stefano Bontate e con Vincenzo Inzerillo, dandomi assicurazione che tramite i loro magistrati mi avrebbero fatto uscire al più presto dal carcere».
Francesco Di Carlo, definito dallallora sostituto procuratore di Palermo «il nuovo Buscetta» non stava nemmeno più in Italia ed era fuori dal giro da almeno quindici anni. Era un mafioso dAltofonte, nemmeno particolarmente importante, e trafficava in stupefacenti, ma aveva tentato di imbrogliare i suoi compari appropriandosi del ricavato di una partita di cocaina, e scoperto e per evitare una sicura condanna a morte, aveva restituito il malloppo e aveva accettato di essere esiliato a Londra, dove dopo poco tempo era stato arrestato, processato e condannato a 25 anni di carcere per traffico di stupefacenti. Ed è nel carcere inglese che è stato pescato dagli agenti della Dia, mobilitati dai magistrati di Palermo per trovare le prove della mafiosità di DellUtri e, inizialmente, anche di Silvio Berlusconi. E dopo uno dei così detti «colloqui informali», di quelli di cui non restano tracce nei verbali, se lo sono riportato in Italia, facendogli risparmiare dieci anni di galera e rimettendolo in libertà con lelargizione di un lauto stipendio. E Di Carlo da quel giorno è diventato il principale accusatore di DellUtri e di Berlusconi, addirittura un «testimone oculare»: un giorno, ha raccontato, ho accompagnato a Milano Stefano Bontate, allora capo di Cosa Nostra, e sono salito con lui negli uffici di Marcello DellUtri per parlare di affari con il cavaliere Silvio Berlusconi. Di Carlo, insomma, sta a Berlusconi e DellUtri come Balduccio Di Maggio stava a Andreotti: Balduccio ha visto Andreotti baciare Totò Riina, Di Carlo ha visto DellUtri e Berlusconi baciare Stefano Bontate. E gli hanno creduto, nonostante si fosse contraddetto e avesse sbagliato le date di quel viaggio a Milano (alla data indicata inizialmente Bontate era in carcere).
La cosa più singolare (e inquietante) è che hanno creduto a Di Carlo per DellUtri, di cui hanno chiesto il rinvio a giudizio, ma non per Berlusconi, per il quale hanno chiesto e hanno ottenuto larchiviazione: un rispetto per le istituzioni, evidentemente, perché in quel momento Berlusconi era il capo dellopposizione e sedeva nella commissione bicamerale e stava riscrivendo la Costituzione assieme a Massimo DAlema, che presiedeva la commissione, e non se la sono sentita di incriminarlo. Ma come faranno, ora che dellUtri è stato assolto con formula piena dallaccusa di calunnia aggravata, con questo Di Carlo che la procura di Palermo esibisce in tutti i processi di mafia? Se DellUtri e il povero Cirfeta non hanno calunniato Di Carlo, è Di Carlo che ha calunniato Cirfeta e DellUtri.
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