RomaOvvio che a furia di parlare di delfini le acque del Pdl si agitino. Ecco perché ieri Berlusconi ha voluto stoppare le ultime voci sulla sua successione. Il premier rettifica le indiscrezioni sul passaggio di consegne al Guardasigilli: «Non ho mai detto che Alfano è il mio successore - dice durante un vertice di maggioranza a palazzo Grazioli -: Angelino è una persona capace, ma decide il partito perché il Pdl è un partito democratico». Luciano Sardelli, leader dei Responsabili, racconta di un Cavaliere ironico: «Sarebbe il massimo che oltre a tutto ciò che mi attribuiscono - avrebbe detto Berlusconi -, mi prendessi anche la colpa su chi verrà dopo di me». E pure il diretto interessato, da Berlino, rimanda la questione: «Sono convinto che il presente di Berlusconi sarà ancora molto lungo - dice il Guardasigilli -. Non fosse altro per il motivo evidente che in tutte le democrazie occidentali il presente e il futuro dei leader lo stabiliscono gli elettori e mi pare che gli elettori abbiano suggellato ancora una volta in questultimo triennio il loro favore nei confronti del presidente del Consiglio».
Detto questo non si può negare che lipotesi di una investitura di Alfano abbia fatto rumore non solo nel Pdl ma anche nella maggioranza. Il principale alleato, la Lega, avrebbe infatti eccepito che il presunto delfino nuota in acque troppo meridionali. Alfano è siciliano e non è un mistero che Bossi - se proprio deve pensare a un altro premier - faccia il tifo per il «suo» Tremonti o addirittura per il leghista «istituzionale» Maroni. A scacciare i boatos sul post Berlusconi anche il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: «Nel 2013 credo che Berlusconi continuerà a guidare il nostro partito e la coalizione», assicura uscendo da palazzo Grazioli.
Al di là delle voci relative alla successione, nel Pdl continua il fermento tra le varie anime del partito. Si organizzano gli scajoliani, si muovono i matteoliani, si contano gli alemanniani, si mettono in moto i lealisti. Nessuno in unottica distruttiva nei confronti del Pdl, cui tutti assicurano fedeltà, ognuno però parla di nuova rotta. Il tutto avviene in cene dove ci si incontra e ci si conta. Gli scajoliani chiedono che lex ministro ligure torni in prima fila, o nel governo o nel partito. Lo stesso Scajola rivela: «Erano già pronti i gruppi parlamentari autonomi, era già stato scelto anche il nome, Azzurri della libertà per Berlusconi presidente». Loperazione sarebbe stata poi stoppata dal Cavaliere. I matteoliani, invece, avrebbero puntato sulla necessità «di indire congressi locali del partito». Alla loro riunione, poi, sarebbe emerso anche lo scontento nei confronti dellex colonnello La Russa, accusato di bulimia di potere: ministro, coordinatore del partito, indicatore di nomi per le nomine del cosiddetto sottogoverno degli enti pubblici. Poi gli alemanniani, pure loro favorevoli allapertura di una stagione di congressi locali subito dopo le amministrative.
Ieri sera, invece, attovagliati allhotel Valadier, i capigruppo e i ministri. Tutti daccordo: il Pdl ha bisogno di una sferzata. Presenti con i capigruppo di Camera e Senato Cicchitto e Gasparri - che hanno sottolineato la necessità di mettersi tutti attorno a un tavolo con lobiettivo di non dividersi - il governo al completo tranne i ministri Frattini e Tremonti.
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