(...) era «nazionalizzare». Dura lotta fece Angelo Costa contro questa corrente di pensiero, che portò alla costituzione del Ministero delle partecipazioni statali e al monopolio dell'Eni, con tutti i disastri finanziari e la corruzione che ne scaturirono. Già allora i Poteri Forti (leggi Fiat, Montedison etc.) non gli dettero grandi aiuti perché altri erano i loro veri interessi. Basta leggere i sui scritti: meglio di un trattato di liberismo illuminato e di buon governo.
Vorrei ancora ricordare che in allora i piccoli e medi imprenditori si sentivano veramente e degnamente rappresentati da Costa (gran galantuomo e grande economista) sia perché lui stesso non grande industriale, ma soprattutto perché era sempre disponibile a ricevere, ascoltare e capire, nel suo ufficio della vecchia sede di Piazza Venezia, grandi o piccoli, rampolli di blasonate famiglie o piccoli imprenditori ex operai.
Un giorno mi confidò che a Roma qualcuno gli aveva fatto cortese osservazione per questa sua estrema disponibilità, quasi fosse stata una perdita di tempo, ma che egli era convinto che fosse giusto così: «... sapesse quante cose ho imparato anche dalle più modeste persone ...
Posso aggiungere una cosa apparentemente più banale? A Roma eravamo orgogliosi di essere genovesi anche perché manifestamente (non fosse stato altro che per la sua coccina!) lo era Costa ! Un cordiale saluto.
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