Gli angoli inediti della terra lombarda

L’introduzione è di Mario Cervi: «Una terra forte, con la voglia di fare»

Pamela Dell’Orto

«La Lombardia è forte. E se proprio vogliamo paragonarla a una donna, essendo il suo nome femminile, non ne farei davvero una “donna in carriera” (...) gelida e spietata. Ne farei piuttosto una madre forte e bella nella quale la famiglia intera riconosce la sua guida e il suo pilastro». Così scrive Mario Cervi - «lombardo di nascita, d’educazione, di residenza, di lavoro» - della «sua» adorata regione.
Quella regione in cui scorre il «padre Po, sovrano dei fiumi italiani (...) che nella sua modestia è, come il grande Nilo, portatore volta a volta di ricchezze e di alluvioni». Una regione che l’ex-direttore ed editorialista de il Giornale descrive con passaggi poetici e intensi per il volume fotografico Lombardia (edito da Priuli&Verlucca, 130 pagine, da oggi in vendita con il Giornale, solo nelle edicole lombarde, a 9.90 euro oltre al prezzo del quotidiano. Prossima uscita, lunedì 12, il volume Milano).
Le immagini, oltre 140 interamente a colori, suggestive e inedite di Livio Bourbon - autore di reportage in oltre trenta nazioni - ci mostrano le bellezze della natura, dell’architettura e dell’arte lombarda. Le commoventi parole di Cervi ci raccontano di una terra ora dura ora generosa con i suoi figli cresciuti con la cultura del «fare», del faticare. Di una terra che è stata ed è una «scuola del lavoro». A partire da Milano dove, a pochi passi dal quadrilatero della moda, ancora oggi «ci sono le vie degli Orefici, degli Speronari, degli Armorari, degli Spadari, dei Mercanti», a testimoniare che i «danée», quelli guadagnati con i sacrifici, contano e come. Raccontano del sudore di muratori bergamaschi e di carpentieri del bresciano, «che ho visto impegnare in cantieri di costruzione di centrali irdroelettriche, battaglie rischiose con una natura terribile». Raccontano della Bassa, «Cenerentola» della regione, terra «buona e fertile e nera, le distese di grano e di pioppi, le risaie luccicanti d’acqua», dove nasce «il miracolo dei formaggi che è il grana». Raccontano delle montagne, la parte più vicina alla Svizzera, dove vivono ancora quei montanari che «hanno connotati in comune con i marinai, il loro habitat è volta a volta amico e nemico, fonte di sostentamento e fonte di pericolo». Uomini che il progresso ha (purtroppo) abituato a condividere valli e discese con l’industria dello sci, «fenomeno economicamente utile e psicologicamente estraneo», tanto che loro, gli alpini, continuano con le loro vite, e non si fanno intaccare dalle mollezze del progresso.
E ancora, le parole di Cervi ci raccontano dei laghi, come quello di manzoniana memoria e del suo versante comasco, dove oggi «uno sguardo dall’alto mi darebbe qualche fitta al cuore» perché ormai pullula di palazzi e di nuove fabbriche.

E la «piana» lombarda, da Gallarate a Monza, fino a Lecco e a Brescia, «cuore del miracolo produttivo dell’Italia», e patria di tanti simboli del nostro passato glorioso: dalle motociclette alle Alfa guidate da Nuvolari. Testimonianza di una terra forte e ricca di storia. E dalle mille potenzialità.

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