Come annoia l’agente del fisco che tenta di fermare il destino

Che disgrazia le commedie intelligenti. Quelle dove l’autore si crede Woody Allen e il pubblico si sente in dovere di sghignazzare in continuazione. Anche alle battute che non fanno ridere. In Vero come la finzione, titolo che già in febbraio si candida a peggiore dell’anno, siamo tra Forrest Gump e The Truman Show, anche se il film è molto meno spassoso (e commovente) del primo e molto più noioso dell’altro. Per dire, il trentunenne sceneggiatore, Zach Hel ha dato a svariati personaggi i nomi di celebri (?) matematici, da Escher a Cayly: un rebus supplementare, grazie al cielo ininfluente per il povero spettatore. Al centro della storiella, diretta dall’altalenante Marc Forster (Monster’s Ball non è granché, Neverland bellissimo), l’agente del fisco Harold Crick. Un tipo così metodico da contare i colpi di spazzolino, le mosse per annodare la cravatta e i passi da casa al bus delle 8 e 17 verso l’ufficio. Il giovanotto s’innamora della fiera pasticciera in debito con l’erario Ana Pascal (Maggie Gyllenhaal), ma va in depressione quando una voce di donna, assillante radiocronaca della sua vita, che lui solo può sentire, lo avverte: stai per morire. Respinto da un paio di spocchiosi psicanalisti, ha l’illuminazione attraverso il prof inglese Jules Hilbert (Dustin Hoffman), esperto di teoria letteraria: sono vittima dell’ignara scrittrice in crisi Karen Eiffel (Emma Thompson), decisissima a far fuori un personaggio che si chiama proprio come me.

Potrò mai fermare il destino? Insomma, un gran pastrocchio, pretenzioso e barbosetto, in cui il clown Will Ferrell non va oltre le smorfie, la maliziosa Maggie Gyllenhaal resta defilata e la stagionata Emma Thompson è più insopportabile che mai.

VERO COME LA FINZIONE (Usa, 2006) di Marc Forster con Will Ferrell, Maggie Gyllenhaal. 105 minuti

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