RomaNellorrido regime berlusconiano gli antiberlusconiani di ferro oliano i moschetti. Si sentono in trincea e sparano: Feltri? «Un ricattatore». Chi non la pensa come noi? «Cronisti filoberlusconiani, camerieri di Silvio». Sono quelli del «Fatto quotidiano», in edicola il prossimo 23 settembre. Si autodefiniscono «quella sporca dozzina» perché sono in 15, 16 giornalisti, non di più. Firma di punta, Marco Travaglio. Ma anche Furio Colombo, Antonio Padellaro che sarà direttore, Peter Gomez, Luca Telese e altri. Nessuna riunione sediziosa per il manipolo di penne acuminate, pronte a pungere verso Arcore, ma un summit nella sede della stampa estera, proprio lì, a due passi dal palazzo del Pdl. Si sentono gli unici liberi, tosti, di «opposizione». Dicono che in Italia cè la dittatura, il regime, che anche il Pd fa schifo, per carità, ma il premier molto di più.
Fa gli onori di casa Marteen van Aalderen, presidente dellAssociazione della stampa estera in Italia, che appena apre bocca fa una gaffe: «Avuta la notizia che Padellaro usciva con un nuovo giornale, di certo non filogovernativo, mi sono chiesto: ci sarà spazio per un giornale di opposizione? Ce ne sono così tanti...». Ahia... Ma non siamo al regime?
Padellaro spiega: «La stampa di opposizione è tenuta costantemente sotto il tiro dellartiglieria del presidente del Consiglio che colpisce a colpi di querele». Poi ti viene in mente Fini e pensi che la notizia è lì, a portata di mano. Vuoi vedere che in nome della libertà di stampa, sempre e comunque a rischio, arriva la tirata dorecchie pure al presidente della Camera che ha querelato il Giornale per un editoriale critico nei suoi confronti? Macché. Lindignazione bipartisan resta ossimoro. Parla e perde la trebisonda, Padellaro. Il «Foglio quotidiano avrà sedici pagine a colori...». Travaglio lo striglia: «Il Fatto quotidiano, non il Foglio!». Sghignazzi in sala per il lapsus. Parte un «Be, è lo stesso». Padellaro: «Non è lo stesso... E cercheremo di dimostrare che qualche differenza cè». Continua il jaccuse, nonostante sia esplosa la moda di fare quesiti sulle gesta del premier sotto le lenzuola: «Questo è un Paese in cui si rischia di non poter far domande». Addirittura. La linea politica del giornale? «La Costituzione».
Spiega meglio che tipo di quotidiano sarà il gommoso Marco Travaglio, che assicura: «Non avendo dietro banchieri, palazzinari, petrolieri, concessionarie autostradali o cose del genere, non abbiamo padroni». Snocciola i numeri: «Abbiamo già 27mila abbonati, 2.646 nel primo giorno e mezzo». Dice «racconteremo i fatti» ma poi specifica: «Ci hanno chiesto: Picchiate là dove merita picchiare, non fate un giornale unidirezionale. Poi è chiaro che chi merita di più è il presidente del Consiglio». Te pareva. Come sempre, con un filo di voce abbaia odio per il Cavaliere e dà una stoccata ai rappresentanti del sindacato dei giornalisti, presenti in sala, rei di aver spostato la manifestazione di sabato in rispetto ai morti di Kabul: «Non ho capito come si fa a organizzare una manifestazione contro il regime che censura la stampa e poi annullarla perché il regime manda i nostri ragazzi a morire in guerra». Assicura: «Saremo il giornale che cercherà di dare risposte, oltre che fare domande. E le risposte sono molto peggio delle domande».
Furio Colombo dà la rotta del vascello anti Silvio e minaccia: «Guarderemo dal buco della serratura. E spiegheremo con chiarezza che nessuno ha guardato nel buco della serratura di Clinton quando sè visto quello che sè visto: si trattava di un grande fatto politico». Un avvertimento belle buono. Travaglio tiene a precisare: «Non ce lho con Berlusconi è Berlusconi che ce lha con noi, fin da quando cacciò Montanelli. La vera domanda è: come può un giornalista essere filoberlusconiano, salvo naturalmente i suoi dipendenti e i suoi camerieri».
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