di Luigi Cucchi
Dalla loro scoperta, quasi cento anni fa, gli antibiotici hanno salvato milioni di vite riuscendo a sconfiggere infezioni che oggi possono sembrare di lieve entità, ma che solo un secolo fa mietevano più vittime di una guerra. Pochi sanno che il primo antibiotico fu identificato da un italiano, Vincenzo Tiberio, alla fine dell'Ottocento e che sempre a un italiano si deve la scoperta delle cefalosporine. Tiberio, di origine molisane, era un ufficiale medico del Corpo sanitario della Marina militare. Nel 1895 descrisse il potere battericida di alcune muffe anticipando di oltre trenta anni la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming.
È infatti nel 1928 che quest'ultimo riesce a caratterizzare la penicillina dando ufficialmente il via alla nascita degli antibiotici. Fino ad allora anche semplici infezioni come la dissenteria causavano la morte, tanto che, durante la Prima guerra mondiale il nemico più temuto era in realtà proprio la malattia. Si contano almeno 3 milioni di morti per il tifo.
La scoperta di Fleming ebbe concreta applicazione solo alla fine degli anni '30 grazie a due ricercatori, Ernst Chain e Howard Walter Florey. «Questi scienziati riuscirono a estrarre la penicillina, a caratterizzarla e a iniziare le prime sperimentazioni animali per dimostrare che il suo impiego riusciva ad inibire le infezioni.
La prima sperimentazione della penicillina su un essere umano fu fatta nel 1941 e due anni dopo ne venne autorizzato l'utilizzo in un ospedale militare. A questo primo antibiotico si deve la cura di moltissime infezioni, come quelle della pelle, le polmoniti, le meningiti e le setticemie, oltre alle infezioni intestinali gravi che erano causa di morte anche in breve tempo. Ebbe quindi inizio la produzione industriale degli antibiotici e ne furono scoperti di nuovi, quali la streptomicina e le cefalosporine, la cui identificazione si deve anche in questo caso a un italiano, Giuseppe Brotzu, un farmacologo sardo che studiò le acque contaminate dagli scarichi fognari del porto di Cagliari e isolò la colonia batterica da cui alla fine degli anni '40 nacque tutta la linea delle cefalosporine. Molti altri antibiotici furono successivamente identificati da allora: il cloramfenicolo, le tetracicline e altri ancora che in poco tempo portarono al loro utilizzo massivo. Tanto che oggi il fenomeno più allarmante è proprio quello della resistenza che alcuni batteri oppongono agli antibiotici.
L'abuso e l'utilizzo inappropriato degli antibiotici hanno, infatti, contribuito alla comparsa di batteri resistenti. Il problema è ulteriormente aggravato dalla auto-prescrizione di antibiotici da parte di individui che ne assumono, senza la prescrizione di un medico qualificato, e dall'uso non terapeutico degli antibiotici come promotori della crescita in agricoltura. Gli antibiotici vengono spesso prescritti per situazioni in cui il loro uso non è giustificato (per esempio nei casi in cui le infezioni possono risolversi senza trattamento).
Un esempio comune di errore è la prescrizione e lassunzione di antibiotici per trattare le infezioni virali come il raffreddore comune, su cui non hanno alcun effetto.
Per contrastare l'abuso o un eccessivo impiego di antibiotici è stata istituita negli Stati Uniti una Interagency Task Force che viene coordinata direttamente dalla Food and Drug Administration (Fda) e dal National Institutes of Health (Nih). In Francia, a partire dal 2002, una campagna del governo dal titolo «Gli Antibiotici non sono automatici» ha portato a una significativa riduzione delle prescrizioni superflue, specialmente nei bambini.
Troppi pazienti chiedono al proprio medico, la prescrizione inappropriata di antibiotici, nella convinzione che possano aiutare nel trattamento di infezioni virali.
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