(...) il suo presidente Riccardo Garrone. Poiché il patatrac si verifica due soli giorni dopo la straordinaria prestazione blucerchiata in casa Inter e rischia di risolversi in un rovinoso autogol non solo per Cassano ma pure per la Sampdoria, come spiegare l'esplosione di un fulmine così devastante a ciel sereno?
Talento calcistico extra strong istintivamente insofferente alle regole per selvaggia natura e scarsa inclinazione alla fatica, piedi fatati e cervello vispo disgraziatamente non confortato da adeguata base culturale, cuore tenero e testa dura come solo quella dei pugliesi - e dei sardi - Doc, Fantantonio ricade fatalmente in tentazione (scoppio della vena, caduta di catena, mestruo?) e perde la faccia di figliol prodigo fresco redento ribellandosi villanamente al Padre amoroso, rischia di perdere in via definitiva la sospiratissima Nazionale di Prandelli che lo ha designato vessillifero azzurro per l'Europeo in corso d'opera e il successivo Mondiale, si gioca ai dadi sponsor milionari e una carriera che rischia di dover ripartire da zero proprio quando pareva riavviata all'Empireo del pallone.
Capitano d'industria di livello europeo, il megapetroliere «sparagnino» Riccardo Garrone detto Duccio - che in 8 anni ha costruito a pro della Sampdoria una collina di 140 milioni di euro a fondo probabilmente perso - chiede al prediletto pupillo Antonio il «sacrificio» (!) di accompagnarlo in un «4 stelle» di Sestri Levante per ritirare la «Rete d'argento» attribuitagli dal Sampdoria club di Lavagna quale miglior giocatore blucerchiato del campionato scorso. Lo sventurato Antonio villanamente si nega al punto da mandare l'anziano presidente a quel paese. Conscio di meritare ben altro trattamento da colui che gli deve in via diretta la rivalutazione calcistica e sociale e in via indiretta la felicità familiare, il presidente pretende scuse formali, che il giorno appresso verbalmente ottiene sia al cospetto dell'allenatore e dei compagni sia con aggiuntiva telefonata privata. Lo sventurato dunque rispose: e chissà che il presidente dal sigaro intimidatorio e il cuore tenero, evangelicamente disposto a perdonare il figliol prodigo 70 volte 7, «persino» stavolta finisse per fare lo sforzo supremo e chiuderla lì. Senonché
I 140 milioni di euro a fondo probabilmente perso elargiti ad oggi a pro della Sampdoria - e chissà quanti altri fatalmente ne seguiranno - provengono non dalle singole tasche del presidente Riccardo bensì da quelle delle famiglie Garrone e Mondini in toto (Erg), tra le quali (detto tra parentesi) alla voce «fede calcistica» si contano più genoani che sampdoriani: ma non è questo il punto, considerato che un personaggio costoso come Cassano procura comunque alla Erg adeguato ritorno pubblicitario. Il punto è che il costo del genio calcistico di Fantantonio è talmente fuori misura per la realtà blucerchiata - 2 milioni e 800mila euro netti all'anno: da qui il netto rifiuto al richiesto prolungamento del contratto «così com'è» da parte del giocatore - da considerarsi insopportabile (in quanto fatalmente foriero di appetiti a catena nello spogliatoio) persino a petto di un suo comportamento sportivamente e umanamente inappuntabile. L'occasione buona per «rompere» era insomma attesa al varco, e per il Consiglio di amministrazione della Sampdoria giunge a fagiolo. Cosa c'è di peggio che mandare a quel paese un presidente come Riccardo Garrone, che per Cassano si è speso a livelli di padre? Da qui la richiesta a futura memoria di congrue scuse scritte accompagnate da ferree condizioni. Un documento che, su consiglio del procuratore Beppe Bozzo, Cassano si rifiuta di firmare. Da qui, il deferimento al Collegio arbitrale della Lega e l'automatica sospensione dalla «rosa».
Ma perché Cassano si è rifiutato di andare a ritirare il premio? Signori, questo è il calcio odierno. Sono finiti i tempi in cui si poteva liberamente intervistare sempre e dovunque campioni del calibro di Pelé e Suarez, Rivera e Mazzola, Riva e Maradona, Pruzzo e Damiani, Vialli e Mancini. A prescindere dall'istintivo desiderio di restare vicino alla moglie nel momento delicato, Antonio Cassano prende un sacco di soldi per portare «quelle» scarpe, non può rilasciare interviste se non in casi specialissimi per via dell'esclusiva con Sky. Ecco perché non va nei club dei tifosi e velocemente «scappa» da Bogliasco: per non dover questionare con i taccuini e le telecamere della stampa locale e nazionale in perenne famelico agguato. Questo è purtroppo diventato il calcio «grande»: rigidamente commerciale, con tanti diritti e pochi doveri, melanconicamente antisportivo. Quando mi guardo indietro, una tristezza infinita sovente m'assale.
Conclusione. Cassano è disperato. Oltretutto gli ha telefonato Prandelli e gli ha detto: «Finché non giochi non posso chiamarti in Nazionale». Antonio continua a scusarsi pubblicamente in tivù e sui giornali. Dice: «Non voglio lasciare la Sampdoria. Ho fatto l'ennesima cazzata, ma cercate di capirmi. Non pensavo ciò che ho detto, voglio bene al presidente ma sto passando un momento critico, voglio restare più che posso vicino a mia moglie incinta, tant'è che la sera prima ho rinunciato a 140 mila euro di Paperissima». Non accenna al contratto che vorrebbe allungare senza ridimensionare, perché sa di aver contro non tanto il presidente quanto il Consiglio di amministrazione. E ripete: «Genova e la Sampdoria sono la mia vita». E ti credo. Al culmine di un tumultuoso percorso professionale in picchiata verticale la sorte ti ha fatto planare nel posto delle fragole. È questo il tuo ambiente ideale di fantasista all'antica del pallone, che non a caso ti ha fatto ritrovare la Nazionale. Dove lo trovi, per te tua madre la tua sposa e il pargolo in arrivo, un altro posto altrettanto quieto in riva al mare? Dove un ambiente così poco invadente e pretenzioso? Dove un presidente come Riccardo Garrone? Caro Antonio, dovevi pensarci prima di mandarlo stupidamente a quel paese. Ora non ti resta che allenarti seriamente a parte, come hai chiesto e la Sampdoria non ti può negare, comportarti «meglissimo» e attendere che passino le nottate. Non ci sono gli estremi perché il Collegio arbitrale della Lega conceda la risoluzione unilaterale del contratto. Ti verrà comminata la salatissima multa che meriti. Dopodiché Di Carlo ti ridarà il posto in squadra se e quando capirà che gli converrà.
Col che le cose si rimetteranno al meglio anche per la Società. Conosco i miei polli. Non aspettavano altro i migliori «cugini» che non ne possono più di questo stronzo di Cassano che monopolizza lo spazio in tivù e sui giornali.
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