Appalti e nomine: il sistema Tonino

Da ministro ha piazzato i suoi uomini di fiducia nelle 400 commissioni che controllano l’assegnazione di lavori sulla rete autostradale. Sotto il torchio dei pm prova a salvare il figlio

Appalti e nomine: il sistema Tonino

Roma - Si potrebbe chiamarlo «sistema Di Pietro». È il modo escogitato dal leader dell’Italia dei Valori per controllare l’assegnazione degli appalti autostradali. Un meccanismo semplice: le principali gare bandite dalle società concessionarie devono essere valutate e decise da una commissione nominata dal ministro delle Infrastrutture. Commissione di tre membri più un eventuale supplente e uno o due segretari, con relativi gettoni di presenza e rimborsi spese a carico dei privati.

Incurante dei ritardi provocati (raramente le nomine erano tempestive) e dell’aumento dei costi, l’ex ministro presentò la riforma come una ricetta anticorruzione. In realtà non si trattava di un semplice organismo di controllo, ma di un metodo per ricondurre direttamente a Tonino la gestione degli appalti. Gli incarichi, secondo i decreti di nomina, rivestono «carattere fiduciario» e il ministro ha «la facoltà di modificare in qualsiasi momento in tutto o in parte la composizione» delle commissioni.

A questa facoltà, il leader dell’Italia dei Valori ha fatto un ricorso massiccio. Il decreto ministeriale 8237 del 13 giugno 2007 prevede la costituzione di 16 commissioni ordinarie permanenti per aree omogenee. Ma Tonino ne ha nominate almeno 400, visto che nel 2007 e 2008, tra lui e Matteoli, sono state 497 le commissioni complessivamente nominate. In più, il «sistema Di Pietro» prevedeva una postilla non scritta ma ben applicata: la presenza di un attivista dell’Italia dei Valori. Tonino piazzava i suoi iscritti, gente di partito che rispondeva direttamente a lui e - chissà - magari garantiva che l’appalto finisse nelle mani «giuste».

Prendiamo una società piuttosto attiva in fatto di appalti, le Autovie Venete, che gestiscono il tratto Venezia-Trieste più un paio di diramazioni, e, avendo in cantiere la costruzione della terza corsia, bandiscono gare per l’assegnazione dei lavori, la progettazione, gli studi ambientali e geotecnici, gli interventi accessori, i concorsi di idee; appalti moltiplicati per ciascuno stralcio.

Dalla fine del 2006 (quando la legge 286 introdusse il «sistema Di Pietro») al termine della legislatura, l’ex ministro delle Infrastrutture ha nominato cinque commissioni di gara per gli appalti delle Autovie Venete. La prima doveva valutare l’assegnazione di «servizi di ingegneria per la progettazione preliminare e definitiva del ponte sul fiume Piave e degli adeguamenti delle opere d’arte della A4 esclusi i cavalcavia»; importo 2.035.349,52 euro. Presidente della commissione di gara è l’ingegner Mario Mautone, il provveditore alle Opere pubbliche di Campania e Molise sotto inchiesta a Napoli e intercettato mentre annotava le raccomandazioni richieste da Cristiano Di Pietro, il figlio dell’ex ministro: a Mautone vanno un gettone di 30mila euro più un rimborso spese di 2.398,56 euro. Con Mautone, Di Pietro chiama l’ingegner Ugo Luterotti, segretario provinciale dell’Idv di Gorizia (gettone di 25mila euro). Il terzo membro della commissione è Ugo Dibennardo, allora capo del compartimento Anas del Veneto.

Secondo appalto: «Servizi di ingegneria per lo studio idraulico, idrologico e progettazione delle opere di mitigazione ambientale», importo 618.402,33 euro. Presiede il dottor Luciano Novella, direttore generale del ministero delle Infrastrutture, affiancato da Placido Migliorino, ingegnere dell’Anas, e dal professor Antonio Albuzio, docente di Uso e riciclo delle biomasse alla facoltà di Agraria dell’Università di Padova, ma soprattutto membro del direttivo dell’Italia dei Valori della città del Santo, componente del collegio di garanzia, referente per le politiche energetiche nonché candidato al consiglio regionale nel 2005 e al Senato nel 2008 (gettone di 15mila euro).

Terzo appalto: «Servizio di ingegneria per lo studio geotecnico», importo di 212.529,81 euro. Antonio Di Pietro cambia ancora commissione facendola presiedere all’architetto Elisabetta D’Antonio, consigliere tecnico del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Per gli altri due membri il ministro segue lo schema consueto: un tecnico (l’ingegner Roberto Della Torre, vicedirettore della Direzione centrale pianificazione territoriale per il Friuli Venezia Giulia) e un rappresentante dell’Italia dei Valori. Tocca a Francesco Di Bartolo, avvocato vicentino, autore di romanzi gialli (ultimo «I delitti della rotonda», un thriller di ambientazione berica), anch’egli candidato nel 2005 alle elezioni regionali venete per l’Idv, coordinatore del partito a Vicenza, carica da cui ha dato le dimissioni alla fine del 2007 (gettone di 12.122,64 euro).

Quarto appalto: «Concorso di idee per la progettazione di stazioni di esazione», cioè nuovi caselli. Questa volta la commissione non cambia: confermati D’Antonio, Della Torre e Di Bartolo (gettone 6.397,26 euro più 1.

066 di rimborso spese). Quinto appalto: il membro dipietrista scompare, i tre componenti sono tecnici ministeriali. Ma questi incarichi sono stati assegnati all’inizio del 2008, in piena campagna elettorale. E Tonino aveva altro da fare.

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