Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
L’indiscrezione trapela a fatica così come a fatica viene poi informalmente confermata in ambienti giudiziari. Fra le carte dell’inchiesta fiorentina sugli appalti delle Grandi Opere (passata per competenza a Perugia dopo il coinvolgimento del procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro) adesso spunterebbe anche Claudio Scajola. Il nome del ministro per lo Sviluppo economico (che non è indagato) verrebbe fuori da un rapporto stilato dalla guardia di finanza di Roma a margine di alcuni accertamenti sviluppati su tutta una serie di operazioni bancarie ritenute sospette dalle Fiamme gialle. Accertamenti che coinvolgerebbero l’imprenditore Diego Anemone, già arrestato per i lavori del G8, e che sarebbero partiti dopo alcune segnalazioni dello stesso istituto di credito nel quale le movimentazioni di denaro sarebbero state eseguite.
Il «modello» secondo gli inquirenti sarebbe lo stesso già analizzato dagli uomini della Finanza per altre operazioni legate ad Anemone o a suoi intermediari, come sarebbe accaduto, per esempio, in occasione di un passaggio di contanti dall’imprenditore a un architetto del suo gruppo edilizio, che a sua volta avrebbe girato il denaro all’allora presidente del consiglio superiore dei Lavori pubblici Angelo Balducci, che con quella somma avrebbe acquistato un’abitazione a Roma.
Anche in questa storia, nel mirino degli inquirenti sarebbe finita la modalità d’acquisto di un immobile attraverso un intermediario di fiducia dell’imprenditore. Di più, allo stato, è impossibile sapere. Anche se sul punto c’è da registrare l’insolita domanda che sarebbe stata posta dai magistrati umbri a Guido Bertolaso durante l’interrogatorio delle scorse settimane. «Dottor Bertolaso, lei è a conoscenza dei rapporti fra il ministro Scajola e Diego Anemone?». Il capo della Protezione civile, sorpreso dal riferimento, avrebbe risposto di non essere al corrente di un simile rapporto. Interpellato dal Giornale, nella serata di ieri, il ministro Scajola ha spiegato di «non sapere nulla» e di «non aver niente da commentare in proposito».
Il nome di Scajola è un’assoluta novità nel panorama investigativo umbro-toscano. Mai, nell’inchiesta che ha portato in carcere il provveditore Domenico Balducci e altri presunti complici del cosiddetto «sistema gelatinoso», il ministro sembra ricoprire un ruolo di primo piano. E il suo nome emerge negli atti solo a causa del ruolo istituzionale che ricopre. Viene citato marginalmente in una conversazione tra l’ex funzionario della Ferratella Fabio De Santis e Anemone di luglio 2008, nella quale il primo comunica all’imprenditore che Soru ha mandato la lettera per l’accredito «di tutti i soldi del G8» indirizzandola «a Scajola (...)». Il primo settembre successivo è Della Giovampaola che chiama Anemone e lo informa che il Cdm ha finanziato i lavori del G8, dando «via libera a Scajola per il versamento di ottocento e rotti milioni sul conto del Commissario (...) è Bertolaso... che poi li gira sul conto del soggetto attuatore».
Un ruolo, quello del ministro per lo Sviluppo economico nell’indagine ora a Perugia, che appare dunque solo legato alla funzione che Scajola ricopre. Ma per gli inquirenti, che stanno vagliando con attenzione le risultanze di quell’informativa delle Fiamme gialle romane, potrebbe esserci di più.
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