
Non solo "il pittore di Napoleone". Il milanese Andrea Appiani (1754-1817) è stato "un artista totale, maestro nell'arte dell'affresco e della ritrattistica, capace di immortalare un'epoca di passaggio e di profondi cambiamenti politici e sociali, è stato anche un eccellente disegnatore, bravo a trovare soluzioni eccellenti anche in ambito teatrale, è stato poi un accorto collezionista e un cultore delle arti". Nelle parole di Fernando Mazzocca, che con Francesco Leone e Domenico Piraina, ha curato la mostra "Appiani. Il Neoclassicismo a Milano" (da oggi fino all'11 gennaio a Palazzo Reale), c'è tutta la complessità di un protagonista assoluto del Neoclassicismo italiano.
Appiani, noto soprattutto per essere stato "primo pittore" del Regno d'Italia voluto da Napoleone (celeberrimi i suoi ritratti di Bonaparte), fu "pittore della grazia" (è ancora Mazzocca a parlare). Ed è davvero piena di grazia l'esposizione prodotta ora da Palazzo Reale, Civita, Electa e MondoMostre, realizzata in partnership con lo Châteaux de Malmaison et de Bois-Préau, il Grand Palais di Parigi e il Louvre (e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Milano, la Pinacoteca di Brera e Villa Carlotta): tanti prestatori per un percorso di cento opere, tra cui dipinti disegni e cartoni di altissima qualità di cui è bello leggere le didascalie perché alcuni provengono dalle civiche raccolte cittadine. La perla: il grande cartone degli affreschi dell'Apoteosi di Napoleone, prestito dal Louvre, esposto in sala del Lucernaio, la cui movimentazione ha richiesto una gran lavoro ("Non eravamo certi sarebbe potuto succedere, ma ora l'opera è qui ed è una giornata storica", ha detto l'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi). La sorpresa che, da sola, vale il biglietto: la ricostruzione, nella Sala delle Cariatidi, dei "Fasti di Napoleone", imponente apparato decorativo voluto da Bonaparte, realizzato da Appiani e andato distrutto durante i bombardamenti del 43. Lo rivediamo ora, per la prima volta, grazie a una ricostruzione basata sulle preziose lastre fotografiche dell'archivio comunale.
Di Appiani, che ha raccontato con raffinatezza e potenza espressiva la parabola politica e culturale di un'epoca (quella dell'ascesa di Napoleone) e della città di Milano (immortalando i Verri, il Parini, il Foscolo, il Monti, le nobildonne del tempo), seguiamo la carriera percorrendo una dopo l'altra le sale del primo piano di Palazzo Reale, nell'Appartamento dei Principi, cornice sontuosa e perfetta di questa mostra: la bella notizia è che una parte delle opere esposte rimarrà nell'allestimento permanente del Palazzo, di cui il comune intende valorizzare l'identità, anche a partire dagli arredi, in un progetto che si svilupperà nei prossimi anni.
L'esposizione, scandita in dieci sezioni, ricostruisce tra dipinti, oggetti e disegni anche una sorta di "itinerario appianesco" dei tanti interventi dell'artista che rese Milano la capitale del Neoclassicismo in Italia: dagli affreschi a
Santa Maria presso San Celso, al Parnaso di Villa Reale, passando per palazzi privati come Palazzo Greppi, Palazzo Orsini, Palazzo Arconati Busca Visconti, Palazzo Lucini Passalacqua, senza dimenticare la Reggia di Monza.