Roma

Appio diviso tra la rabbia e il sollievo «Ora serve la sorveglianza nel parco»

Arrestati i presunti responsabili dello stupro alla 14enne, all’Appio Latino in molti tirano un sospiro di sollievo. C’è soddisfazione, rabbia, ma anche buon senso. E molti auspicano che i due fermi plachino la sete di vendetta «fai da te». È il pensiero del barista del Simon Café, l’uomo che ha soccorso i due fidanzatini dopo l’aggressione, la sera di San Valentino: «Sono contento, l’ho saputo all’alba, appena aperto il bar e ho trovato una troupe televisiva. Questo non è mai stato un quartiere violento, ora che li hanno arrestati magari si calmerà questa voglia di vendetta». Se tutti o quasi si dicono contrari alle ritorsioni, è forte però la richiesta di giustizia, e di una pena certa. «Quei bruti restino dietro le sbarre, adesso», taglia corto una signora in largo Tacchi Venturi, dove è iniziata la violenza. In molti nel quartiere parlano degli arresti. «Mo’ devono buttare la chiave, altrimenti non serve a niente», ringhia un uomo. E anche una donna all’uscita dalla chiesa di San Giuda Taddeo chiede a gran voce che «ora questi balordi paghino con il carcere duro». E sarà per la messa appena finita, ma subito l’anziana concede un po’ di misericordia per i due presunti stupratori: «Anche per questi reati, forse, si può arrivare al perdono umano. Ma la punizione, quella deve essere certa, e dev’essere esemplare».
Intanto la Caffarella lentamente si popola. Qualcuno passeggia, qualcuno fa jogging. Come una giovane mamma che si dice finalmente sollevata: «Sono contenta di cuore che li abbiano presi - sospira - perché la storia di questa ragazzina ha colpito tutto il quartiere, è stato davvero terribile».
Ma in molti chiedono, a prescindere dall’ultimo episodio, che il grande parco venga sorvegliato. Fino a quando non ci sarà un presidio, secondo Anna che vive a due passi dalla Caffarella, «è inutile pensare che possa cambiare qualcosa». Proprio quel polmone verde, infatti, per quanto amato dagli abitanti dell’Appio è considerato il «nascondiglio» di disperati ed emarginati. «Stanno qui, dormono, lavorano per qualche giorno o settimana nelle piccole aziende che ancora sono su questo terreno, ma in gran parte semplicemente cercano un rifugio. E il parco finisce per diventare la base di partenza per furti, scippi e, come abbiamo visto, adesso pure stupri», spiega Pietro uscendo dal parco e accarezzando il cane che porta al guinzaglio. «Ecco, oggi c’è pure una macchina della polizia», aggiunge indicando una volante che cammina per i viali della Caffarella. Gli fa eco Filippo, anche lui un frequentatore del parco insieme al suo cagnolino. «Non so cosa pensare di questi qui, se non che sono contento che li hanno arrestati. Di certo questo per anni è stato un quartiere molto calmo e tranquillo». Ora invece c’è chi non si sente sicuro a mani nude. Come Manuela, 38 anni, che tira fuori un coltello dalla borsa e spiega di non voler uscire senza. «Ho paura e lo porto sempre con me. O questo o lo spray urticante», racconta, e scuote la testa nonostante i due fermi. «Ora che hanno arrestato i colpevoli - dice - provo impotenza e rabbia. Non sono loro la causa di tutto quello che succede, ma solo dell’ultimo episodio». Fa un pausa, poi riprende: «Noi donne invece siamo sempre impotenti, oggetto di violenza. Ecco, se riuscissero a togliere dal mondo tutti i pedofili e i violentatori, allora sì che sarei sollevata».

E racconta di aver cominciato a girare «armata» da quando, mentre passeggiava con un’amica, «ho visto tre stranieri uscire da un cespuglio, insieme a un trans, e cominciare a urlare verso di noi».

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