Gian Micalessin
Per Fatah è un colpo di stato. Per Hamas un ritorno alla legalità. Sia quel sia l'era di Hamas inizia nel segno della tempesta. I poteri speciali attribuiti al presidente Mahmoud Abbas dal vecchio parlamento di Fatah sono stati azzerati.
Con un colpo di mano annunciato i 74 parlamentari fondamentalisti hanno fatto tabula rasa di tutte le leggi approvate nell'ultima sessione dominata da Fatah. Indifferenti alle proteste e all'abbandono dell'aula ordinato ai suoi 45 deputati dal capogruppo avversario, la compagine di Hamas ha annullato i decreti che attribuivano al presidente il controllo delle forze di sicurezza e il potere di veto sulle leggi approvate dall'assemblea. I decreti erano stati votati il 13 febbraio scorso, due settimane dopo il trionfo elettorale di Hamas. La mossa rende più ardua la formazione di un governo d'unità nazionale. «Se vogliono che Fatah entri nel governo dovranno rispondere alle nostre richieste», avverte Abbas Zaki, un membro del Consiglio Rivoluzionario di Al-Fatah riunito per decidere la partecipazione al futuro esecutivo. Secondo Zakiha le possibilità di una coalizione resteranno esigue finchè Hamas non si pronuncerà sul riconoscimento degli accordi con Israele. Per Aziz Dwiek, il nuovo presidente del parlamento scelto da Hamas, il riconoscimento d'Israele potrà venire deciso solo da un referendum tra la popolazione palestinese e i 4 milioni di profughi sparsi nel mondo arabo.
Mentre qualcuno già ipotizza una guerra civile palestinese, Israele progetta la fine di ogni legame con Gaza e una definizione dei confini con la Cisgiordania attraverso nuovi ritiri unilaterali e l'annessione della valle del Giordano e di alcuni blocchi di colonie.
Il piano, preparato dall'esercito, prevede l'impossibilità di un accordo con Hamas e l'avvio, dopo le elezioni di fine mese, dei nuovi ritiri unilaterali preannunciati dal premier Ehud Olmert . Il progetto prevede anche la trasformazione del confine con la Striscia di Gaza in una frontiera internazionale e il taglio dei rifornimenti idrici ed elettrici garantiti da Israele. L'Anp potrà gestire un porto e un aeroporto per commerciare con l'estero, ma nessun palestinese di Gaza potrà più lavorare in Israele o attraversarne i territori per raggiungere la Cisgiordania.
Il piano sconsiglia invece un disimpegno totale dalla Cisgiordania e raccomanda il controllo di alcuni rilievi strategici e delle falde acquifere indispensabili per l'approvvigionamento delle colonie da annettere.
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