Gli Arab Strap, pop-rock made in Scotland

Un mix di suoni cristallini e improvvisi rush elettrici nelle ballate di Aidan Moffat e Malcolm Middleton

Luca Testoni

Da una parte, c'è il moro e barbuto Aidan Moffat («portamento ed eleganza da ubriacone da stadio», è stato scritto di lui dalla stampa britannica) che, in bilico tra canto e «quasi parlato», si è sempre dilettato a snocciolare le sue ben poco compiacenti storie di crudele sincerità. Storie di vita agra da pub, spesso acide e corrosive, ma non prive di sprazzi poetici, che gli hanno consentito di raccontare quanto possano essere noiose e deprimenti le giornate di provincia in terra di Scozia. Tra sbronze di birra e rapporti piuttosto agitati con l'altro sesso. Risse di paese e angosce esistenziali.
Dall'altra, c'è il rosso e smilzo Malcolm Middleton, cui spetta invece il compito di comporre e suonare le musiche. Un labirinto ramificato e complesso di suoni dove una visione spartana, seppur sperimentale e innovativa della musica folk va a braccetto con un modo altrettanto originale di approcciarsi alla materia rock. Il risultato? Accattivante e molto personale nel suo continuo mix di ballate cristalline e improvvisi assalti frontali di elettricità, talvolta arricchito da interventi elettronici.
Insieme, lavorativamente parlando, da una decina d'anni (la prima incisione risale infatti dal 1996), i due amici originari di Falkirk, cittadina esattamente a metà strada tra Glasgow ed Edimburgo (che li ha disconosciuti subito dopo l'uscita del primo singolo, The First Big Weekend, perché definita squallida e noiosa... ), sono meglio noti ai più assidui frequentatori della musica indipendente con il marchio di Arab Strap. Un nome che è tutto un programma, visto e considerato che è stato preso a prestito da uno dei tanti aggeggi in vendita nei sexy shop.
Tra i fiori all'occhiello della scena avanguardista del pop-rock made in Scotland, legati a doppio filo all'eccellente casa discografica indipendente di Glasgow Chemikal Underground (la stessa che ha lanciato nel 1997 anche i Mogwai), Moffat e Middleton, accompagnati da tre nuovi musicisti assoldati per il tour («Questa volta suoniamo come una vera e propria rock band, per cui sarà meglio munirsi di tappi», hanno tenuto a precisare), approdano questa sera al Rainbow Club di via Besenzanica 3 (ore 21, ingresso 15 euro).
Primo di quattro concerti nel nostro Paese, lo show milanese costituisce una ghiotta opportunità per conoscere dal vivo The Last Romance, album numero sei in carriera del duo scozzese. A detta di molta critica, il migliore di sempre. E, se vogliamo, pur nella sua brevità (10 canzoni per 36 minuti), il più accessibile e diretto.
Innanzitutto, per gli arrangiamenti, in genere nudi e spogli e, questa volta, invece, ricchi di chitarre, tastiere, archi e fiati.

Ma anche per il cantato, sempre più presente; per i ritmi che qua e là si fanno più tirati; per qualche melodia pop più aperta e meno austera del solito; e, infine, per un feeling positivo, rilassato e, perché no, romantico, per certi versi nuovo per gli Arab Strap.

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