L’uomo che combatte il fondamentalismo e l’arroganza del potere nell’Egitto di Mubarak passa le sue giornate a combattere le carie. ’Ala al-Aswani è un dentista del Cairo che aveva lo studio in un luogo divenuto famoso: Palazzo Yacoubian. Dava il titolo al libro che fu bestseller (e da cui fu tratto perfino un film di Marwan Hamed) e che nei Paesi arabi è stato il più letto negli ultimi anni dopo il Corano. All’epoca dell’uscita di quel romanzo dissacrante, i commenti sulle rive del Nilo furono: «Se superasse il Corano sarebbe un gran segnale». Perché ’Ala al-Aswani è il portatore di un messaggio forte contro il terrorismo islamico, contro l’islamismo fanatico e nei suoi libri ritrae in maniera impietosa la corruzione, il dispotismo, l’inefficienza e la poco faraonica burocrazia dell’Egitto contemporaneo, tra faccendieri, puttane, bulimici di potere, ingiustizie, corrotti di vario genere, personaggi cinici e senza scrupoli.
Così erano gli abitanti di Palazzo Yacoubian, così sono i personaggi che popolano il libro in uscita in questi giorni per Feltrinelli, Se non fossi egiziano (pagg. 220, euro 16, traduzione di Claudia La Barbera), che in verità è il primo libro scritto da al-Aswani nel 1990, ma che è rimasto nel cassetto per molti anni. E qui vi raccontiamo perché.
Nel 1990 al-Aswani faceva il dentista e continua a farlo anche oggi, nonostante il successo editoriale, memore dell’insegnamento paterno, pure lui scrittore, ma anche avvocato, il quale gli diceva: intanto fai un mestiere che ti dia da vivere, poi scrivi. Mai consiglio fu più azzeccato: per vedere la luce questo libro ha atteso otto anni. Fu censurato per ben tre volte (nel 1990, nel 1994 e nel 1998) da oscuri funzionari della Commissione editoriale dell’Ente del Libro che avevano giudicato l’opera un attacco all’Egitto e all’onore del Paese. Cosa aveva scritto di così tremendo al-Aswani? Raccontava le vicende di un giovanotto colto e frustrato «che subisce il dispotismo, il marciume e l’ipocrisia della società egiziana». Il giovane esordisce citando la frase simbolo del nazionalista egiziano Mustafa Kamil «se non fossi egiziano, egiziano vorrei essere» in modo ironico, in modo da ribaltare il concetto, come per dire: ah, se non fossi egiziano...
«In realtà - scrive ora il dentista - mentre scrivevo non mi è mai passato per la testa che mi avrebbe creato problemi, l’avevo fatto leggere ai miei amici e tutti ne erano stati entusiasti, la cosa mi aveva dato coraggio e mi ero mosso per farlo pubblicare dall’Ente nazionale del libro, fiducioso che avrebbe suscitato interesse e magari sarebbe anche stato accolto bene». Invece, tre rifiuti. Motivazione: si fa beffe del nazionalismo egiziano e mette alla berlina la propaganda governativa tutta intenta a rifarsi alla millenaria civiltà e alla grandezza del popolo del tempo delle Piramidi. Nella prefazione all’edizione finalmente in commercio, l’autore racconta anche i colloqui con i funzionari di Mubarak, colloqui surreali come la richiesta di scrivere una dichiarazione pubblica dove si dissociasse formalmente dal pensiero del protagonista. Il ridicolo testo recita così: «Dichiaro di non concordare nel modo più assoluto con le opinioni espresse dal protagonista. Dichiaro inoltre che esse rappresentano l’esatto contrario di quanto io personalmente penso dell’Egitto e degli egiziani. Tengo a precisare che il protagonista è una persona stolta e psicologicamente squilibrata che alla fine avrà quel che si merita».
Perché lo fece? Perché volevo pubblicare il romanzo, risponde oggi. Ma nonostante questa umiliazione, non ci riuscì. Il funzionario lo cassò quasi scusandosi: «Il romanzo mi è piaciuto molto, ma in tutta sincerità, non posso farmi carico delle conseguenze della pubblicazione. Le opinioni che contiene potrebbero farmi finire in galera». Tuttavia il dentista ha stampato a proprie spese trecento copie e le ha distribuite personalmente ad amici e critici letterari, i quali lo hanno recensito e ne hanno parlato in modo positivo, dando luogo alla paradossale situazione di recensioni entusiastiche a un libro inesistente. Insomma, una vicenda assurda. Come pure è difficilmente spiegabile in che modo, qualche tempo dopo, Palazzo Yacoubian abbia potuto passare indenne al vaglio della censura: nel romanzo c’è la polizia che tortura e stupra, c’è un governo di corrotti che vende posti in Parlamento, c’è un riconoscibilissimo Grande Uomo che regge le fila del gioco...
Chi non ha vissuto in Egitto e non ha rapporti con la burocrazia corrotta e clientelare, non potrà mai capirlo, sostiene al-Aswani. Paradossi e situazioni surreali che possono accadere in un Paese dove il dentista scrittore è considerato un pericoloso sovversivo - perché palesemente contro il regime - ma nessuno si azzarda a toccarlo - perché ormai è troppo famoso anche a livello internazionale. Oltre che scrivere su diversi quotidiani e giornali, al-Aswani, convinto sostenitore delle democrazia e dei diritti civili, è tra i fondatori e animatori di Kifaya, il movimento di intellettuali e scrittori che lottano in Egitto e nel mondo arabo contro il fondamentalismo e l’islamizzazione della civiltà. Il segreto di tanta libertà? «Fare il dentista è una professione che non mi espone alle ritorsioni del regime. Facessi il giornalista mi potrebbero cacciare, ma un dentista è un uomo libero, finché ha clienti».
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