Arbasino Un vero maestro merita un premio alla carriera

No, Arbasino allo Strega no, per carità, scampato pericolo. Il Premio Speciale Alberti, piuttosto, sarebbe perfetto, un bel premio alla carriera e senza nessun altro in lizza: un grande scrittore a ottant’anni ha il diritto di essere celebrato e di ricevere onori senza dover gareggiare con nessuno. Lo Strega sarebbe stato una disgrazia, e non tanto perché, come scrive Thomas Bernhard con un eufemismo, ricevere un premio «è come farsi cagare in testa». Tanto, volendo, come rovescio della medaglia, ci sarebbe la versione più pragmatica di Aldo Busi, secondo la quale uno deve essere contrario solo ai premi che danno agli altri. Invece meno male che Arbasino ha declinato con la consueta eleganza rifacendosi all’anagrafe («mi parrebbe fuori luogo una gara con competitori che hanno la metà dei miei anni») quando, anni a parte, ve lo immaginate cosa sarebbe diventato l’elenco dei premiati delle ultime edizioni? Ammaniti, Giordano, Scarpa, Pennacchi... Arbasino. Più che un premio a Arbasino sarebbe un premio dato ai predecessori e un abito firmato per gli Amici della Domenica. Inoltre sono ancora attualissime le tre famose tappe della carriera di uno scrittore, esemplificate da Arbasino in brillante promessa, solito stronzo, venerato maestro, e io non avrei mai voluto vedere il nostro fratello d’Italia giudicato da soliti stronzi e in gara con brillanti promesse, magari perfino con il rischio di perdere, o peggio ancora di vincere con America amore.

Libro bellissimo e il migliore tra i candidati, che però non è un romanzo ma una raccolta di saggi, e se lo avessero portato allo Strega l’anno prossimo, con questa scusa, come minimo ti candidavano un Meridiano di Severgnini, che non è né una brillante promessa né un venerato maestro.

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