Sport

Arbitri, moviole, gol fantasma nel calcio non s’inventa nulla

Nel ’63 ci si lamentava perché si giocava troppo. E nel ’67 si volevano le fotocellule sui pali

«Ritengo assolutamente anormale e dannoso per i giocatori il continuo forcing cui sono sottoposti tutto l’anno. Giocare tre partite in una settimana è una vera pazzia. È più che mai necessario sfoltire il numero delle coppe. E bisogna iniziare il campionato 15 giorni prima, finirlo 15 giorni dopo e sospenderlo per almeno 15 giorni d’inverno». Parola di Luis Carniglia. Non di oggi, ovviamente, perché il tecnico argentino che guidò Real, Roma, Milan e Juve ci ha lasciato nel 2001, ma dell’ottobre 1963. Dichiarazioni rilasciate a Tuttosport per rispondere a un’inchiesta del giornale torinese dal titolo «Contro il logorio del calcio cassetta», in cui si chiedeva ai tecnici di intervenire su «turni forzati di campionato, troppe partite internazionali, eventualità di ridurre la massima serie a 16 squadre per evitare i turni infrasettimanali ed ovviare alla super-attività».
Sembra oggi, insomma, ma il calcio si arrovella ormai da mezzo secolo sugli stessi problemi, le stesse polemiche, la ricerca di soluzioni che non arrivano mai, anche per la innata paura delle novità.
Colpa dell’arbitro
Tormentone vecchio come il pallone. Senza scomodare le risse dei bisnonni, basta partire dal precedente più eclatante: 3 febbraio 1952, partita Legnano-Bologna, l’arbitro Tassini di Verona nega due rigori ai lilla e poi ne fischia uno agli emiliani. La gente non ci vede più: invasione di campo, partita sospesa al 42’ e l’arbitro che crede di salvarsi grazie ai carabinieri che lo caricano su un automezzo e lo portano via. Peccato che gli ultrà legnanesi del tempo lo inseguano fino a Milano, lo scovino in via Napo Torriani, a pochi passi dalla stazione, e lo riempiano di botte. Cose che capitano: vent’anni dopo ci sarebbe passato anche l’attuale presidente degli arbitri Gussoni, costretto a scappare da Marassi dopo un Sampdoria-Cagliari chiuso nel camioncino del custode del campo, probabilmente di fede genoana...
Sudditanza psicologica
Aprile del ’67: l’Inter sta vincendo a Venezia 3-2 e l’arbitro Sbardella annulla due reti ai veneti. Polemiche a non finire, il presidente neroverde Gatto si dimette per protesta, il designatore arbitrale Bertotto finisce nella bufera perché prima sospende Sbardella, poi fa retromarcia e si dimette con questa clamorosa motivazione: «Esiste una inaccettabile sudditanza psicologica di certi arbitri nei confronti dei grossi club». Che, detto dal designatore, è il massimo... Si cerca soluzione ai guai della categoria e il Corriere della Sera lancia l’idea: «Scegliere gli arbitri per sorteggio». Un tabù ancora oggi.
«Ce l’ha con noi»
Il contrario della sudditanza è la persecuzione, vera o presunta. Il Milan la denuncia nel ’73, dopo aver subito contro la Lazio un arbitraggio discutibile del monumento Concetto Lo Bello. Polemiche sui giornali: «Il pubblico non vuole ombre sullo scudetto». E il Corriere specifica: «Lo Bello ha annullato a Chiarugi il gol del pareggio: era regolare». Il presidente Buticchi si scatena: «Ma faccia l’onorevole e se ne stia a casa sua». Emerge tutta l’antipatia del fischietto siciliano per Gianni Rivera ed emergono strani retroscena tra cui la richiesta milanista di ricusazione di Lo Bello. Tanto per cambiare finisce nei guai il designatore Ferrari Aggradi, il Corriere fa l’elenco dei disastri stagionali («Un campionato pieno di sviste») e il presidente Franchi butta lì una soluzione: «Dovremo arrivare al sorteggio». Ma va...
Gol fantasma
Nel gennaio del ’67 la Juve va su tutte le furie per un gol di De Paoli contro la Lazio visto da tutti, tranne dall’arbitro De Marchi. «Il guardalinee ha visto la palla dentro - titola il Corriere - ma l’arbitro è rimasto della sua idea». E allora ci si scatena per evitare il ripetersi dei gol fantasma: «È il momento di studiare soluzioni per ridurre il numero delle sviste» si legge sui giornali e il Corriere trova l’idea «rivoluzionaria»: «Le reti sovietiche limitano il rischio dei gol contestati», spiegando che oltrecortina le reti sono appese a due pali dietro la porta e smorzano i palloni anziché respingerli. Ma basta aspettare qualche mese (il 22 ottobre) e il fatto si ripete: «Il mistero di un gol nel derby di Milano». Un tiro di Rivera sbatte sotto la traversa e torna in campo, per l’arbitro D’Agostini (e il suo guardalinee) è gol. Per l’occasione si ricorre a una delle prime moviole, ma il caso non si chiarisce. E i giornali sembrano quelli di oggi: «La scienza può eliminare i dubbi che turbano il calcio? Costerebbe troppo risolvere il problema del gol-fantasma. Un sistema di fotocellule applicate dietro i pali consentirebbe di ottenere il documento inoppugnabile». Se avessero saputo che 40 anni dopo non le hanno ancora messe...
Troppi stranieri
La polemica corre sempre sulla Milano-Torino. Adesso tutti accusano Moratti di schierare un’Inter troppo internazionale, ma nel maggio dell’81 sulla Gazzetta dello Sport si leggeva questo titolo: «Agnelli: ci vogliono 11 stranieri per squadra». Insomma anche in casa Juve avrebbero fatto quello che ha fatto il patron nerazzurro. «Vorrei la liberalizzazione totale - spiegava l’Avvocato -: in Italia abbiamo il 50 per cento di auto straniere, ma abbiamo paura di importare il 10 per cento di giocatori. Qualunque impedimento al libero commercio è semplicemente deleterio».

Per la serie: Bosman era un dilettante.

Commenti