
Il 6 dicembre 1990 a Casalecchio di Reno, Bologna, avvenne un tragico incidente in cui persero la vita 12 giovani studenti dell’Istituto Tecnico Salvemini e altri 88, tra studenti ed insegnanti rimasero feriti, alcuni in maniera grave. Quella fredda mattina di dicembre, un Aermacchi MB-326 dell'Aeronautica Militare italiana in avaria, perse il controllo e si schiantò proprio contro la scuola, colpendo l’aula della classe 2° A.
La dinamica e le cause dello schianto
La mattina del 6 ottobre 1990, alle ore 9:48, dall’aeroporto dall'aeroporto di Verona-Villafranca, decollò un Aermacchi MB 326, un biposto da addestramento. L’aereo, pilotato dal sottotenente 24enne Bruno Viviani, doveva effettuare una missione di calibrazione dei sistemi di difesa, che prevedeva il sorvolo sopra Borgoforte e Rovigo. Ma alle 10:22 Viviani si accorse che qualcosa non andava: il motore mostrava problemi tecnici, costringendo il pilota a chiedere di atterrare nell’aeroporto più vicino, ovvero quello di Ferrara. Ma la pista era troppo corta, così alle 10:23 Viviani contattò la torre di controllo dell’aeroporto di Bologna, comunicando l’emergenza e chiedendo di poter atterrare.
Ma è troppo tardi. Alle ore 10:31 il pilota comunicò che il velivolo era in fiamme, e che il motore aveva smesso di funzionare. Viviani si lanciò con il paracadute fuori dal velivolo e atterrò a Ceretolo, una frazione di Casalecchio di Reno, senza riportare gravi danni, a parte tre vertebre rotte. Ma se Viviani uscì indenne dall’incidente, molti altri furono meno fortunati di lui.
Ormai fuori controllo e in fiamme, L’Aermacchi si schiantò contro l’aula della 2° A dell’Istituto Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno, uccidendo sul colpo 12 dei 16 studenti presenti in classe quella mattina, tutti tra i 14 e i 16 anni, e ferendone gravemente 4, oltre alla docente Cristina Germani. A causa dello schianto, il cherosene presente nei serbatoi del velivolo fuoriuscì, causando un incendio all’interno dell’aula colpita e intrappolando diverse persone al piano superiore, che si trovarono tra le fiamme senza una via d’uscita.
I primi a recarsi sul luogo del disastro per prestare soccorso a studenti e docenti, furono alcuni residenti, che si adoperarono per aiutare i superstiti intrappolati nella scuola a calarsi dalle finestre. Nel frattempo arrivarono i vigili del fuoco, che coordinati con la squadra di soccorso, spensero le fiamme e portarono i feriti in ospedale. Sotto un’ala dell’Aermacchi fu fortunatamente ritrovata viva una studentessa, Federica Tacconi, le cui grida d’aiuto furono udite dai soccorritori alla fine delle operazioni di recupero.

Il processo e i colpevoli del disastro
La Procura della Repubblica di Bologna aprì un procedimento giudiziario per il pilota del velivolo, Bruno Viviani, per il colonnello Eugenio Brega, e per il tenente colonnello Roberto Corsini, ufficiale della torre di controllo dell'aeroporto di Verona-Villafranca, tutti e tre con l’accusa di omicidio colposo plurimo e disastro aereo. L’accusa sosteneva che Viviani, una volta resosi conto dell’emergenza, avrebbe dovuto portare l’aereo verso est, ovvero all’altezza del Mare Adriatico e qui eiettarsi, in modo tale da evitare centri abitati. La procura accusò gli altri due ufficiali di aver fornito a Viviani istruzioni errate su come gestire l’emergenza e nel 1995 i tre militari vennero condannati a due anni e sei mesi di reclusione.
Ma nel 1997, in secondo grado, la corte d’appello di Bologna ribaltò la sentenza, assolvendo gli imputati, in quanto “il fatto non costituisce reato”. Infine, nel 1998, la Corte di Cassazione di Roma rigettò anche gli ultimi ricorsi dei parenti delle vittime, attribuendo l’incidente a una tragica fatalità.
In seguito alla tragedia, i familiari delle vittime 4 quattro associazioni con lo scopo di ricordare l'incidente e promuovere eventi di solidarietà per le vittime e iniziative a favore della sicurezza dei cittidini. Nel 1997 le associazioni si unificarono in un'unica associazione denominata Associazione Vittime del Salvemini - 6 dicembre 1990.
L'edificio che ospitava l'Istituto Salvemini venne riaperto nel 2001, non più come scuola, ma come Casa della Solidarietà "Alexander Dubček", che ospitava diverse associazioni di solidarietà e il nucleo locale della Protezione Civile. L'aula colpita dall'Aermacchi venne denominata "Aula della memoria", all'interno della quale venne installata una scultura raffigurante 12 gabbiani stilizzati in volo, simbolo delle 12 giovani vittime della tragedia.