Argentina, un tappeto di rose per la «presidenta»

Argentina, un tappeto di rose per la «presidenta»

Un tappeto di dieci metri di petali di rose, scaricati da un piccolo autocarro davanti all’ingresso della residenza presidenziale a Buenos Aires. Con questo omaggio di anonimi ammiratori è stata suggellata la conferma ufficiale del trionfo di Cristina Fernandez Kirchner, giunta all’alba, quando in Italia era mezzogiorno. Con il 44,5% dei voti la Primera dama uscente è succeduta al marito inaugurando una dinastia bonaerense che già scatena paragoni con quella a suo tempo incarnata da Juan Domingo, Evita e Isabelita Peròn. Per non parlare degli arditi raffronti con un’altra illustre First lady, quella Hillary Clinton che a sua volta ambisce a rientrare dall’ingresso principale in una Casa del supremo potere, non Rosada ma Bianca.
Cristina Kirchner ha sbaragliato i suoi avversari, lasciando poco più del 23 per cento alla candidata del centrosinistra Elisa Carriò, un 17 per cento scarso all’ex ministro dell’Economia Roberto Lavagna di Nazione Avanzata (una coalizione tra peronisti e socialdemocratici) e le briciole agli altri, tra i quali spicca Alberto Rodriguez Saa, il governatore ultraperonista di San Luìs che nonostante l’evidenza del risultato si ostina a parlare di vittoria inquinata da brogli. Polemiche sulle irregolarità, va detto, non ne sono mancate, con un centinaio almeno di denunce. Ma come ha riconosciuto lo stesso Lavagna «in nessun caso si può parlare di brogli: è necessario rispettare la volontà del popolo argentino».
Così sarà, ed ecco dunque al via la fase due dell’era Kirchner. Corroborata da un robusto successo dei neoperonisti (ma chi in qualche modo non si richiama al peronismo oggi in Argentina?) anche alla Camera, dove sono stati rinnovati 130 seggi, e un po’ meno marcato al Senato (che ne rinnovava un terzo del totale): ora i «kirchneristi» sono forza egemone al Parlamento di Buenos Aires. Un trionfo si sono rivelate anche le elezioni dei governatori delle province: otto delle nove poltrone in palio - tra cui quella importantissima della capitale, dove la maggioranza ottenuta dal candidato Daniel Scioli è stata schiacciante - sono state conquistate dal Fronte per la Vittoria della neoeletta presidente. Anche la Borsa di Buenos Aires ha salutato con un netto rialzo l’avvio della dinastia neoperonista.
E lei, Cristina, che cosa dice? Pochino, per adesso. Al momento dell’annuncio del trionfo ha rimarcato l’ampiezza del margine del suo successo, sottolineando con orgoglio di aver ottenuto molti voti più di suo marito. Ha quindi rivendicato che questo «lungi dal metterci in una posizione di privilegio, al contrario ci impegna a responsabilità e obblighi». Poi si è rivolta agli argentini, chiedendo la loro collaborazione («serve uno sforzo da parte di tutti») e ricordando, mettendo così un poco le mani avanti, che «un Paese non si può costruire solo con un buon governo».
E mentre si attendono più concrete dichiarazioni d’intenti da parte della neopresidente, al momento avvolta dalla rituale nuvola d’incenso che precede l’ingresso alla Casa Rosada il 10 dicembre prossimo, la stampa argentina s’interroga, oltre che sulla composizione del futuro governo che non dovrebbe molto discostarsi da quella attuale, sul destino del prossimo «primo consorte»: il presidente uscente Nestor Kirchner.

Gli analisti concordano nel prefigurare un ruolo da consigliere privilegiato, con qualche cosa di più concreto nella gestione dell’economia. In nessun caso, comunque, si pensa a un ritiro dalla politica: nella tradizione latinoamericana, la famiglia continuerà a essere il terreno principe.

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