Politica

Aria di flop: nemmeno due votanti su dieci

Il ministro Giovanardi: «A urne chiuse, con i risultati definitivi, si faranno alcune valutazioni. E ci saranno conseguenze politiche»

Francesca Angeli

da Roma

Affluenza scarsa per il referendum sulla fecondazione assistita. Talmente scarsa che si dovrebbe chiamare defluenza. Quando ieri sera alle 22 si sono chiusi i seggi aveva votato il 19 per cento scarso degli elettori. Ovvero più o meno nove milioni di italiani sui 49 circa attesi alle urne. Pochi, troppo pochi. Perché per arrivare al quorum, ovvero il 50 per cento più uno, è stato calcolato che ieri avrebbe dovuto votare almeno il 35 per cento. La partita non è ancora chiusa per i promotori del referendum, visto che si vota anche oggi fino alle 15, ma le probabilità di arrivare al quorum sono pressoché nulle.
La giornata dei referendari apparentemente prende il via sotto buoni auspici. Non piove ma il cielo è nuvoloso ed il tempo incerto in quasi tutta Italia. Un punto a nostro favore si dice Daniele Capezzone scrutando il cielo insieme a quelli del Comitato per il sì. I seggi aprono alle otto ma Marco Pannella in completo blu e camicia bianca alle 7 e mezza in punto è già davanti al numero 38 di via del Lavatore, proprio di fronte alla Fontana di Trevi. Il portone è ancora chiuso. Appena apre il seggio, Pannella si precipita dentro ma a quel punto scopre che ha dimenticato la tessera elettorale. Deve andare a casa a recuperarla e tornare di corsa per votare. Pannella che dimentica la tessera elettorale? Che figura. Un punto a nostro favore, devono aver pensato gli astensionisti. Poco dopo le dieci del mattino il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi vota, accolto dagli applausi, insieme alla moglie Franca nel seggio della scuola Mazzini, nel quartiere Trieste.
A Roma votano pure Walter Veltroni, Gianfranco Fini e proprio Capezzone che in via Fonteiana trova una piccola fila grazie alla quale le sue speranze salgono alle stelle. «Chissà che non sia di buon augurio» si dice. La sensazione è che non stia andando male.
Ma è una sensazione sbagliata. È dopo mezzogiorno che le cose cominciano a prendere una brutta piega. La prima mazzata arriva con i risultati sull’affluenza dei votanti alle 12 comunicati dal Viminale: non si arriva neanche al 5 per cento, 4,6 per la precisione, Circa due milioni e mezzo di italiani. I referendari cominciano ad innervosirsi. La Bonino interviene a rassicurare gli animi. «Credo sia ancora tutto giocabile», dice aggiungendo però che ci si deve «attrezzare per ridiscutere questi argomenti: o per gestire la vittoria o per organizzare la resistenza in caso di sconfitta». Ma visto che si sente odore di fallimento i referendari cominciano a cercare un colpevole. A dare il via alle giaculatorie è Piero Fassino in diretta su Radio Radicale che all’una e mezza sembra già voler fare i conti con il mancato raggiungimento del quorum. Agli ascoltatori il leader della Quercia promette che «anche se non ci sarà il quorum si aprirà il confronto in Parlamento per cambiare la legge». E intanto mette le mani avanti e attacca il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu perché, ribadisce, non ha inviato gli sms invitando a votare i cittadini, come è stato fatto in precedenti occasioni, agendo quindi «in modo parziale».
Un’altra mazzata nel pomeriggio con la conferma dei dati sul voto all’estero. Il Viminale rende noto che in 202 consolati su 203 «risultano complessivamente pervenute agli stessi consolati in totale 547.666 buste chiuse contenenti schede referendarie, pari al 20,28 per cento dei plichi elettorali inviati». A questo punto i referendari cominciano a vedere nero. «Ma il Viminale a che gioco gioca?» attacca Capezzone che accusa il governo di due «furbate». La prima riguarda la comunicazione sui dati dell’affluenza. «Si danno i dati dell’affluenza come fossero quelli delle 12 ed invece si riferiscono a quelli delle 11 e un quarto» denuncia. «In questo modo - spiega - il Viminale diffonde sempre dati arretrati e sottostimati per evidenti ragioni di pressione psicologica sugli elettori incerti». Escono i dati delle 19 e i sostenitori del referendum cominciano ad temere un vero e proprio tracollo. Si raggiunge appena il 13,3 per cento. Capezzone insiste: il Viminale fornisce dati «vecchi» quelli delle 19 in realtà si riferiscono alle 18. Interviene anche un altro promotore del referendum, il senatore diessino Lanfranco Turci, che chiede di diffondere il dato effettivo delle 22, a chiusura dei seggi avvenuta. Il Comitato per il sì però è pronto a combattere fino all’ultimo voto. Turci non si ritiene ancora sconfitto e si dice convinto che oggi ci sarà «una sorpresa» positiva. La seconda furbata addebitata al Viminale da Capezzone riguarda gli italiani all’estero, tornati in Italia per votare ma non compresi negli elenchi ai quali non viene consentito di esprimersi. Capezzone parla di decine di segnalazioni e dunque di quorum falsato.

In serata parla il ministro Carlo Giovanardi: «Ad urne chiuse, quando saranno resi noti i dati sull’affluenza e poi quelli sulle percentuali dei sì e dei no, si faranno le valutazioni del caso che saranno certamente anche di tipo politico».

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