Arianna a Nasso, l’opera «folle»

Arianna a Nasso, l’opera «folle»

Sbaglia chi, leggendo «Ariadne auf Naxos» sul cartellone del Carlo Felice, si aspetta una mitologica ricostruzione dell'amore impossibile di una fanciulla abbandonata e di mostri taurini racchiusi in inestricabili labirinti. Magari pensando ad uno di quegli spettacoli lunghi e impegnati, che richiedono mente lucida e cultura da manuale (di letteratura).
Perché, invece, nell’«Ariadne» di Richard Strauss succede di tutto: capita che la disperata Arianna venga consolata da Arlecchino e Brighella con canti non proprio edificanti e con piroette da circo, capita anche che la povera ragazza sia costretta a sorbirsi una lezione di vita sugli uomini infidi e traditori da una Zerbinetta facile al «carpe die» amoroso.
Capita infine che Arianna ceda alle lusinghe dello sfolgorante dio Bacco, che riesce a trasformare la grotta del pianto in una grotta d'amore. Insomma, uno spettacolo che di noioso e banale dovrebbe avere ben poco, un perfetto esempio di teatro nel teatro, in cui situazioni drammatiche differenti si confondono, bisticciano, in cui convivono canto e recitazione pura e in cui anche i figuranti hanno ruoli del tutto singolari. Fermo restando che stiamo parlando di uno dei più grandi capolavori del repertorio lirico novecentesco: «Ariadne auf Naxos», opera in un prologo e in un atto su testo di H. von Hofmannstahl, andrà in scena a partire da martedì prossimo fino a sabato 28, con un nuovo allestimento del Carlo Felice in coproduzione con il Teatro dell'Opera di Atene e l'Opera di Oviedo e per la regia (scene e luci) di Philippe Arlaud; costumi di Andrea Uhmann, visualizzazioni di Walter Wimmer. Sul podio il maestro Juanjo Mena, tra i principali artefici di questa scelta artistica coraggiosa e originale.
«Un'opera straordinaria - l'ha definita in conferenza stampa - di una difficoltà estrema sul piano musicale, ma talmente "folle" da interessare qualunque artista si cimenti con la partitura. Musica che affianca recitativi barocchi a pagine sfacciatamente novecentesche, che quasi riportano a Schoenberg; una sonorità che va cercata, pesata e soprattutto continuamente confrontata. Qui sono tutti solisti, a partire dai professori d'orchestra, ciascuno con una parte reale, ossia, diremmo, personalizzata: già in buca, quindi, c'è bisogno di un estremo equilibrio. E poi c'è la indispensabile interazione col palcoscenico, il che complica la faccenda. Ma se tutto riesce, si crea un organismo compatto e perfetto: insomma, un caos organizzato molto divertente, che va affrontato con bravura, concentrazione e tanta, tanta ironia».


Cast giovane e ampio, con ben diciotto interpreti tra cui un attore, l'austriaco Franz Tscherne (Der Haushofmeister), il mezzosoprano genovese Elena Belfiore (Der Komponist) e il soprano (anche lei genovese d'adozione) Susanna Kwon (Najade).

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