Arrestati nel Ciad 16 europei: volevano adottare 103 bambini

In carcere nove francesi e sette spagnoli che cercavano di portare a Parigi i piccoli africani

da Parigi

Operazione umanitaria o ratto degli innocenti? L’opinione pubblica di Francia e Belgio, dove un centinaio di famiglie volevano adottare un folto gruppo di bambini africani, si interrogano sul fallimento di un’iniziativa probabilmente gestita con una certa leggerezza. Nove cittadini francesi (sei membri dell’associazione umanitaria «L’Arca di Zoé» e tre giornalisti al loro seguito) sono in prigione in Ciad sotto l’accusa di «traffico di bambini». Dietro le sbarre sono finiti anche i sette membri (tutti spagnoli) dell’equipaggio dell’aereo noleggiato da questa Ong allo scopo di trasferire a Parigi 103 piccoli africani.
Il fermo è avvenuto all’aeroporto di Abéché, la maggiore città del Ciad orientale, dove si trovano numerosi rifugiati dal Darfour, il territorio sudanese in cui è in atto una gravissima crisi, che ha provocato 200mila morti e oltre due milioni di sfollati. Albert Pahimi Padacké, ministro della Giustizia del Ciad, ha detto che «ogni decisione sul prolungamento del fermo dei cittadini stranieri dipende dal magistrato responsabile di questo dossier» (e ieri sera il fermo è stato prolungato per 48 ore), ma a Parigi si teme la trasformazione della vicenda in un caso politico dalle imprevedibili conseguenze. Pare che il governo del Ciad, tradizionalmente legato a doppio filo alla Francia, voglia approfittare di questa polemica per affermare la propria indipendenza. Le famiglie che intendono adottare i 103 bambini (81 maschi e 22 femmine, tutti di età inferiore agli otto anni) hanno manifestato di fronte all’ambasciata del Ciad a Parigi.
Col passare delle ore l’incidente tende a internazionalizzarsi: la Spagna si è attivata per ottenere il rilascio dell’equipaggio e dell’aereo, bloccati ad Abéché. I media francesi affermano che la vicenda è stata gestita con approssimazione dall’Ong «L’Arca di Zoé», che scarica invece la responsabilità dell’incidente sulle autorità dei Paesi interessati, dicendo che tutte le autorizzazioni erano state debitamente richieste. Al Quai d’Orsay c’è aria d’imbarazzo. A nome dell’ong, il francese Christophe Letien, ha detto che le autorità di Parigi sarebbero state al corrente dell’operazione e non avrebbero fatto niente per impedirla.
La ministra francese per i Diritti umani, la giovane Rama Yade, sostiene che il governo «ha fatto di tutto per vietare l’operazione». Dunque le autorità francesi sarebbero state al corrente di ciò che stava accadendo.
Ci sono dubbi persino sull’origine dei bambini che stavano per essere trasferiti in Europa. Secondo alcuni si tratterebbe di orfanelli del Darfour («l’adozione era l’unico modo per salvarli», pensano i membri dell’Arca di Zoé»), ma altri affermano che i piccoli sarebbero originari del Ciad e che molti di loro avrebbero un padre e una madre ancora in vita. Secondo l’Unicef i bambini vengono in buona parte dal Ciad e per ora non si sa se siano veramente orfani.
Il presidente del Ciad, Idriss Deby Itno, ha detto che «i rapitori di bambini devono essere puniti severamente» e ha aggiunto ipotesi da far accapponare la pelle: secondo lui qualcuno avrebbe potuto «vendere i piccoli» o addirittura «utilizzarli per fare commercio di organi da trapiantare».

Malgrado il carattere fantasioso di queste accuse, i media francesi insistono sul fatto che ogni adozione deve essere gestita nel più assoluto rigore proprio per evitare che un giorno rischi del genere possano moltiplicarsi.

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