Arrestato l’ex marito della donna decapitata

Fermato con l’accusa di omicidio. L’uomo la perseguitava e la picchiava. La sua minaccia: «Stai attenta che ti taglio la testa»

Alessia Marani

da Roma

È stato il cellulare della vittima, dunque, a risolvere il giallo della donna decapitata mercoledì a Roma. All’identità di Patrizia Silvestri, casalinga di 49 anni, infatti, gli inquirenti della squadra mobile capitolina sono arrivati indagando sulla scheda trovata bloccata ancora all’interno del telefono intriso di sangue. E sempre indagando sul tracciato delle chiamate effettuate e ricevute registrato dalla compagnia telefonica, i poliziotti, ieri mattina, hanno potuto «incastrare» lungo la statale Adriatica alle porte di Forlì, Gaetano Tripodi, classe 1967, autotrasportatore originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) ed ex marito della donna. Interrogato fino a sera dai pm romani Ormanni e Cocomello nella sede della questura romagnola, l’uomo avrebbe negato di trovarsi a Roma la notte dell’efferato omicidio. Casualità che proprio le ricerche sul tabulato del suo telefonino (risultato in quelle ore ancora agganciato alla «cellula» capitolina) smentirebbero. E poi contro il camionista, fermato con la pesante accusa di avere ucciso a coltellate e poi sgozzato in preda a un raptus la donna con la quale era stato sposato per dieci anni, vi sarebbero tracce biologiche (forse sangue) riconducibili a Patrizia scovate dai «segugi» della scientifica nell’abitacolo della Citroen di lui, parcheggiata nel piazzale della ditta di Monterotondo Scalo presso cui lavora. Sia l’automobile che il camion dell’uomo sono stati posti sotto sequestro. Non solo. A puntare l’indice contro Tripodi è soprattutto la denuncia che Patrizia, disperata, aveva presentato a marzo ai carabinieri di Tor Bellamonaca. Lesioni, violenze e continue minacce che la donna diceva di subire dal marito dal quale aveva deciso di separarsi. Tra cui quell’avvertimento messo nero su bianco e che ora, all’indomani della tragedia, risuona come un’agghiacciante condanna a morte: «Stai attenta che ti taglio la testa». L’esposto viene immediatamente girato dai militari come «informativa» alla Procura di Roma. Ma la donna non ha testimoni, né ci sono referti medici che possano provare le violenze e poi, pur volendo mettere «sotto controllo» il marito violento, sarebbe quasi un’impresa impossibile. Visto che Gaetano è quasi sempre fuori per lavoro e a casa ci sta pochissimo. All’esposto non c’è seguito.
Patrizia, di 10 anni più grande dell’ex marito, aveva avuto una figlia da una precedente relazione. Una ragazza di una ventina d’anni che attualmente si trova all’estero. A casa della mamma del suo ex fidanzato, la donna, dopo la denuncia, aveva cercato invano un rifugio dall’uomo che forse non accettava la separazione. «Tutto quello che ci sentiamo di dire - dicono i conoscenti che l’hanno ospitata in questi due mesi - è che Patrizia era una persona buona, normale. Che non meritava una fine tanto atroce».
Ma quale il movente che ha scatenato tanta ferocia? Il cadavere mutilato della Silvestri viene scoperto all’alba di mercoledì dal gestore di un distributore di benzina sulla via Casilina, all’altezza di Tor Bellamonaca. Il corpo è raggomitolato sull’asfalto della piazzola dietro il montacarichi per il cambio dell’olio. La testa è rotolata qualche metro più dietro. Sotto un albero un vigile urbano trova un coltello, una sorta di pugnale ancora custodito in un fodero di tipo militare. Secondo il medico legale, l’assassino s’è accanito sulla vittima affondando più volte la lama appuntita sul suo corpo. Patrizia prima di essere colpita mortalmente al petto si oppone con tutte le forze. Inutilmente. Poi l’ignobile decapitazione. Sul piazzale restano il telefonino, un mazzo di chiavi e delle cicche. Patrizia e il suo carnefice potrebbero avere fumato insieme prima di una lite furibonda.

Tripodi, intanto, nella tarda mattina di mercoledì si reca in ditta, lascia la Citroen e parte alla volta di Forlì per una consegna di autoricambi. Sia lui che la moglie vivevano nel raggio di un paio di chilometri dal luogo del delitto tra le borgate Giardinetti e il comprensorio di Torre Gaia.

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