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Arrestato il vice imam di Napoli

Carmine Spadafora

da Napoli

Era latitante da due mesi ma la fuga del terrorista islamico Yacine Nacer Ahmed, condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per avere fatto parte del «Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento», si è conclusa a Parigi. Trentasette anni, algerino di nascita, vice imam di una moschea di Napoli, è stato arrestato martedì scorso (ma la notizia è stata divulgata soltanto ieri) dagli agenti della Direction de la survelliance du territoire e dai carabinieri dei Ros.
Ahmed ha subìto tre processi in Italia: condannato in primo grado e poi in Corte d’appello a Napoli, il 16 marzo dello scorso anno, la Cassazione ha confermato la pena a quattro anni e otto mesi di reclusione lo scorso 19 maggio. Ma l’ex latitante, residente ufficialmente a Carnago, nel Varesotto, era finito in un’inchiesta sul terrorismo islamico, condotta dalla Procura di Napoli, sezione antiterrorismo, con altri cinque algerini, accusati di avere costituito una associazione allo scopo «di realizzare in Italia una rete di sostegno logistico dell'organizzazione eversiva di matrice confessionale denominata Gia e poi Gspc». Rete eversiva di «stanza» in Italia creata «allo scopo di compiere atti di violenza contro lo Stato algerino» ma anche traffico di armi e documenti di identità contraffatti.


Il pm della Sezione antiterrorismo, Michele Del Prete, ha chiamato «Moskea» l’indagine che ha messo sotto il microscopio gli anni che vanno dal 1994 a 1997, durante i quali sarebbe stata costituita sul territorio italiano una cellula eversiva a beneficio del terrorismo attivo in Algeria, al quale sarebbero arrivati anche rifornimenti di armi.

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