Prima il parlamentare giapponese che beve un bicchiere d'acqua proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima con l'intento di dimostrare l'efficacia del sistema di decontaminazione dalle radiazioni. Poi il ministro per l'Emergenza nucleare Goshi Hosono che si dice «ottimista» sull'arresto a freddo dei reattori della centrale di Fukushima «entro fine anno». E aggiunge: le attività di «raffreddamento procedono stabilmente e non c'è motivo di cambiare i piani».
Il Giappone cerca di chiudere la stagione dell'allarmismo e di voltare pagina, cercando di rassicurare la popolazione e invitandola a mettere da parte il timore di nuove crisi nucleari nell'area colpita dal terremoto. Un processo complicato anche perché comunque segnato da periodici allarmi comprensibilmente legati a una situazione ancora mobile. L'ultimo è scattatto ieri quando la strumentazione Tecpo, la ditta che ha in gestione l'impianto, ha rilevato nel reattore n.2 la presenza di xenon, gas che si sprigiona solitamente in occasione di una fissione. Secondo un portavoce della Tecpo sarebbe comunque escluso il rischio di un evento di tale gravità e i lavori di messa in sicurezza proseguiranno come da programma. A scopo precauzionale è stato comunque immesso acido borico nel reattore. Altre rassicurazioni sono giunte infine dall'Enea che, interpellata dall'Ansa,ha sottolineato che la presenza di xenon è un fenomeno «che può verificarsi in particolari condizioni di densità e distribuzione del combustibile rimasto all'interno del reattore». In ogni caso appare di assoluta evidenza che ci vorranno anni prima di fugare allarmismi e sospetti come confermato dalla morte di un operaio della centrale nelle scorse settimane. Un decesso non legato alle radiazioni ma che ha subito fatto scattare interrogativi e preoccupazioni, offrendo all'esterno un'immagine chiara del senso di insicurezza che ancora si vive tra la popolazione di quell'area. Anche per questo il parlamentare giapponese ha deciso di bere l'acqua della centrale, un gesto pensato anche per ristabilire la fiducia nelle autorità giudicate poco trasparenti nella gestione dell'incidente nucleare.
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