Arriva «Alcatraz», il serial dove i detenuti scappano nel futuro

Il luogo è di quelli che fanno paura a prescindere: è entrato nell’immaginario collettivo con il suo profilo roccioso e duro con sullo sfondo il Golden Gate di San Francisco e attorno le acque scure dell’oceano. E a renderlo un’icona del carcere e della prigione ci hanno pensato un’infinità di film. A partire da Fuga da Alcatraz con Clint Eastwood, passando per L’isola dell’ingiustizia e per chiudere con il molto più plasticoso e finto The Rock con il peggior Nicolas Cage di sempre (nemmeno avere una spalla di lusso come Sean Connery ha salvato la pellicola).
E ora a tornare su quell’isolotto, noto anche come «La Fortezza», è una serie televisiva prodotta da J.J. Abrams per Fox. Si intola Alcatraz, e andrà in onda su Premium Crime a partire da oggi in prima serata (le prime 2 puntate saranno visibile anche a chi non ha il pacchetto Mediaset Premium a pagamento sul canale 309, Premium Anteprima). La chiave di volta della trama è un’inquietante ucronia. La storia ufficiale è che la prigione di massima sicurezza di Alcatraz venne chiusa nel 1963 per i costi di gestione troppo alti e i prigionieri trasferiti in altri istituti di detenzione. Abrams - uno dei geniacci che hanno inventato Lost - si immagina che la notte del 21 marzo 1963 improvvisamente tutti i prigionieri e le guardie scompaiano. Perché? Non si sa. Di certo c’è soltanto che il governo stava conducendo degli esperimenti. E non finisce lì, perché i cattivi scomparsi a un certo punto si materializzano ai giorni nostri. E sono anche piuttosto arrabbiati. Il primo che fa ritorno dal passato è Jack Sylvane, un ex militare che si è messo nei guai e poi è finito ad Alcatraz per aver ucciso un altro detenuto. Quando ricompare nella San Francisco di oggi, prima si mette sulle tracce dell’ex vicedirettore del carcere (E.B. Tiller), uno che aveva le mani in pasta negli strani esperimenti governativi. Quando lo trova, niente convenevoli: gli pianta un coltello nel cuore. E poi ricevendo degli «aiutini» misteriosi, si mette a far fuori persone che neanche conosce andando a caccia di misteriosi oggetti.
Sulle sue tracce di questi omicidi venuti dal passato finisce la detective Rebecca Madsen. La quale, capendo la strana aria che tira, coinvolge anche un ricercatore universitario che ha studiato la storia del vecchio penitenziario, Diego Soto (interpretato da Jorge Garcia, diventato famoso grazie a Lost). Ci mettono un attimo a inguaiarsi e a inciampare nei federali che una mezza idea di quello che sta succedendo chiaramente ce l’hanno. Ecco allora arrivare in scena l’ambiguo agente Emerson Hauser interpretato dal luciferino Sam Neill. E da lì in poi la storia prende una piega a metà tra Lost e X-files: con quasi trecento detenuti pronti a ritornare dal passato, puntata per puntata, e gli eroi Madsen/Soto che non sanno se potersi fidare davvero dei federali che potrebbero essere più cattivi degli ex prigionieri. E il giochino è divertente. Sostenuto da una regia furba e ben orchestrata, funziona. Insomma prime puntate da brivido e piene di ritmo.

Il dubbio è ma quanto a lungo lo si può reggere con una trama così esile e un plot che ha inevitabilmente la coazione a ripetere. Lo scopriremo vedendo cosa tira fuori dal cilindro quel geniaccio di Abrams. Del resto anche Lost sulla carta...

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