Solidarietà, provocazione o speculazione? È solo una bambola ed è appena arrivata in Italia, ma ha già scatenato la polemica. Il perché lo si intuisce già dal nome: «Baby Down». Un Cicciobello con i tratti somatici dei neonati affetti da sindrome di Down. Nato in Spagna nel 2007 per diffondere la cultura della diversità e combattere i pregiudizi, ora il bambolotto con gli occhi a mandorla si può acquistare anche da noi su iniziativa di tre associazioni non profit bolognesi che annunciano l’utilizzo dei guadagni a favore delle persone con un handicap. «Ci piace l’idea di offrire l’opportunità di abbattere, attraverso il gioco, i pregiudizi legati a questa condizione genetica e, più in generale, alla diversità», spiega Francesca Bernaroli, presidente della cooperativa «Il Martin Pescatore», che cura e dà lavoro a persone affette da disturbi psichici e si occuperà della distribuzione del giocattolo.
La bambola è «una provocazione culturale, ed è stata progettata per rendere quotidiano e normale l’aspetto e la presenza delle persone Down», spiega Carlo Rizzoli, presidente del Ceps (Centro emiliano problemi sociali per la trisomia 21, che insieme all’associazione Retinite Pigmentosa Emilia Romagna usufruirà dei proventi della vendita del giocattolo). Ma è anche «un progetto a lungo termine, che unisce la campagna culturale all’inserimento lavorativo». Parte del lavoro (dal packaging ai vestitini, alle spedizioni, perché per ora è in vendita a 34,90 euro solo online al sito: www.ilmartinpescatore.org/baby-down.html) è infatti affidato a giovani disabili.
Però qualcuno ha già storto il naso, davanti a quella che potrebbe sembrare una provocazione. O, peggio, una speculazione, un’idea che sfrutta la disabilità per vendere di più, tant’è che il giocattolo arriva poco prima di Natale. Anche in Spagna, dove in meno di tre anni ne sono state distribuite 30mila, la bambola con l’handicap a suo tempo aveva sollevato delle polemiche e dei giudizi contrastanti. «Non è né buona né cattiva», spiega Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’Associazione italiana persone Down. «Può essere uno strumento, purché non sia l’unico. Tutto ciò che aiuta a ricordare che i bambini con la sindrome di Down esistono e che sono bambini rappresenta un passo avanti». Occhio comunque, avverte la Contardi, a non dare troppa importanza a quello che dovrebbe essere un giocattolo fra gli altri: «Mi sembra esagerato farne un oggetto indispensabile, piuttosto mi sembra ragionevole usarla per spiegare a tutti i genitori chi è un bimbo Down».
Quante bambole si venderanno in Italia? I bambini affetti da sindrome di Down da noi sono 15mila (ne è colpito un bebè su 1.200: ne nascono quasi due al giorno, 38mila le persone affette in totale), ma chi crede nel valore educativo dell’oggetto spera che raggiunga anche gli altri bimbi.
Successo a parte, il problema è se sia giusto o meno distribuire simili giocattoli. D’altra parte tutto ciò che riguarda il delicato mondo delle persone colpite da handicap fa discutere da tempo. Qualche anno fa toccò anche a Maria De Filippi. Dopo aver invitato a «C’è Posta per Te» alcuni ragazzi Down (volevano incontrare il loro idolo Gigi D’Alessio), era stata accusata dall’Associazione genitori e persone con la sindrome di Down di averlo fatto solo per aumentare gli ascolti.
Era scoppiato un pandemonio, e la conduttrice aveva dovuto lasciare i ragazzi dietro le quinte. Poi il tempo, altre associazioni, e gli stessi ragazzi, le avrebbero dato ragione, e alla fine alcuni di loro si guadagnarono diverse comparsate anche da Costanzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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