Arriva l’ennesima condanna per l’«incensurato» Travaglio

Marco Travaglio era andato giù pesante: «C’è David Costa, assessore regionale arrestato perché considerato il figlioccio del boss Bonafede. In una telefonata dice di essere pure il pupillo di Casini». Ora si scopre che quell’affermazione, entrata nelle case degli italiani dal pulpito di Annozero il 16 novembre 2006, non era vera. Per questo Travaglio è stato condannato, in sede civile, a risarcire Costa, già assessore regionale dell’Udc, con quindicimila euro.
È vero che Costa era stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma poi il processo gli ha portato in dote l’assoluzione. E l’appello ha confermato la sua innocenza. E la sua estraneità al boss Natale Bonafede. Travaglio, invece secondo il tribunale di Marsala è andato troppo in là: «Ha utilizzato un’espressione (“figlioccio”) - si legge nella sentenza del giudice Sara Quittino - evocativa di uno scenario cinematografico certamente suscettibile di maggior presa sul pubblico televisivo; espressione tale da insinuare nel telespettatore la percezione che Costa fosse accusato di essere un affiliato - per di più in posizione apicale, atteso lo strettissimo legame di protezione e appoggio reciproci intercorrente fra padrino e figlioccio - a Cosa nostra». Insomma, quello scenario cinematografico nella realtà non stava in piedi. Travaglio, prosegue il giudice, «ha travalicato l’impianto accusatorio delineato nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, violando così il canone della verità della notizia, per come restrittivamente inteso dalla Suprema corte».

Dunque, Travaglio è stato condannato a pagare quindicimila euro, più gli interessi e le spese legali. Il tribunale ha invece assolto il conduttore Michele Santoro e Claudio Fava, giornalista, politico e sceneggiatore che pure, quella sera, aveva parlato di Costa.

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