«È arrivato il momento di comprare azioni»

da Milano

A Wall Street, il maxi-taglio dei tassi deciso dalla Federal Reserve martedì scorso rischiava di aver l’effetto di un’aspirina somministrata a un malato di polmonite. Ma il forte recupero nella parte finale della giornata di ieri, giunto dopo le perdite robuste che avevano scandito gran parte della seduta, sembra aver fatto scomparire i sintomi che, giorno dopo giorno, stanno debilitando le Borse internazionali. Un colpo di reni giunto fuori tempo massimo per l’Europa, collassata sotto il peso di ribassi superiori anche al 4%. Jean-Claude Trichet, al quale certo non difetta la coerenza, ci ha messo del suo, ricordando una volta ancora quanto il focus della Bce sia fisso e saldo sulla febbre dei prezzi. La cura, insomma, continua a non contemplare interventi di riduzione del costo del denaro, nonostante l’Eurotower sia sottoposta a un pressing sempre più asfissiante affinchè imiti la Fed.
Positivo questa volta l’Oriente (balzo spettacolare di Hong Kong, più 10,7%), i listini europei sono così tornati a interpretare il collaudato copione ribassista, sacrificando altri 220 miliardi di euro sull’altare delle perdite e vanificando il rimbalzo dell’altroieri, di cui è stata cancellata praticamente ogni traccia dopo i crolli di Francoforte, sprofondata del 4,88% e di Parigi (meno 4,25%) e i tonfi di Madrid (meno 3,44%) e Londra (meno 2,28%). In ginocchio anche Piazza Affari, dove il Mibtel ha sfiorato un calo del 3,8% e l’S&P/Mib del 4%. A rendere impraticabile la strada del recupero, spesso percorsa dai listini del Vecchio continente nella seconda parte della seduta, l’apertura in rosso di Wall Street, il cui recupero (più 2,52% il Dow Jones, più 1,05% il Nasdaq) è giunto quando ormai la seduta era chiusa da ore. In precedenza, la Borsa di New York (scesa a una perdita massima del 2,7%) aveva dovuto fare i conti con le previsioni poco confortanti sull’andamento delle vendite nel trimestre in corso da parte della Apple (meno 10% in chiusura). I ricavi del gruppo della mela, ha spiegato il numero uno Steve Jobs, dovrebbero crescere del 29% rispetto al più 35% ottenuto tra ottobre e dicembre 2007. L’annuncio di Jobs, unito al deludente outlook di Motorola, che ha già messo in conto perdite nel periodo gennaio-marzo, ha fatto da innesco alle vendite e reso più forte il coro dei pessimisti. Ovvero, di quanti considerano ormai inevitabile la recessione. Allineato sulle posizioni della Casa Bianca e della banca centrale, è però il Congressional Budget office (Cbo), l'organo indipendente Usa che è demandato a fornire al Congresso le stime relative all'andamento dei conti pubblici Usa, secondo il quale «è improbabile» una contrazione del crescita economica. Le stime fornite dallo stesso Cbo sui conti americani sono comunque poco rassicuranti: il deficit federale dovrebbe salire quest’anno a 250 miliardi di dollari, cifra che comprende le spese per la guerra in Irak e Afghanistan, ma non il piano di sgravi da circa 150 miliardi all’esame di Capitol Hill. Piano, ha garantito ieri Bush, che sarà «robusto ed efficiente».
Secondo alcuni osservatori, lo squilibrio delle finanze dimostra che l’America continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità. E la politica monetaria accomodante della Fed finisce per assecondarne le abitudini. I mercati, tuttavia, continuano a scommettere su un ulteriore taglio di 50 punti base nella riunione di fine mese.
La forbice tra i tassi Usa e quelli di Euolandia è dunque destinata ad allargarsi. Ieri, davanti all’Europarlamento, Trichet è stato chiaro: «La Bce è impegnata a tenere i tassi di interesse a livelli adeguati per ancorare l’inflazione», anche se «i rischi per la crescita sono al rialzo».

Il presidente della Bce ha inoltre bacchettato le banche, colpevoli di aver sottovalutato i pericoli che hanno determinato le attuali turbolenze finanziarie. «Dalla crisi dei mercati - ha concluso Trichet - le banche devono trarre lezioni molto importanti».

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