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«Arriverò a Milano, anche in ambulanza»

Pier Augusto Stagi

da Livigno

«Fermati Ivan, fermati. È inutile andare avanti così, dai retta a me, fermati». Niente, lui capa tosta si è fatto passare la mantellina nera della Csc e ha proseguito imperterrito, verso il traguardo di Livigno. «Aveva già 18 minuti dai primi sul Passo dello Stelvio - racconta il team manager Biarne Riis -. Era inutile lavorare nella fatica, che diventa tormento. Meglio fermarsi. Ivan è da due giorni che non sta bene, ha problemi allo stomaco, dissenteria e mal di pancia. Per lui questa tappa è stata veramente un calvario e non è mai bene sfibrare il proprio fisico in questo modo. Quando non si sta bene, si va a casa, ma ho fatto il corridore anch'io e so bene cosa passi per la testa degli atleti: la rabbia, l'orgoglio, la voglia di non arrendersi, di trovare nuove motivazioni, nuovi obiettivi. Il Giro è perso, sepolto, a questo punto c'è solo da pensare al Tour».
Ivan Basso arriva sul traguardo di Livigno con un ritardo di 42 minuti e 15 secondi: 88º. È scortato da Blaudzun, Schleck e Peron. Ha il volto cereo, smunto e affaticato della resa. Ha la bava alla bocca. A Elisa, sua sorella, che ieri era a Livigno con papà Franco e la zia Ivana, sorride appena. Ha il morale sotto i pedali. Il suo Giro è finito, ma lui vuole continuare. «No, non ho mai pensato di mollare, non posso lasciare così la corsa che io da sempre amo - dice Ivan con parole lievi -. È vero, è stato un calvario, un’altra giornata difficilissima. Mi sembrava di stare meglio, ma quando ho provato a mangiare un panino mi sono nuovamente bloccato. I problemi allo stomaco c'erano, e dopo aver patito le pene dell'inferno nella tappa di Ortisei, dove almeno mi sono difeso, in quella dello Stelvio, la mia tappa, ho dovuto abbandonare i miei sogni rosa. No, non ho mai pensato di salire in ammiraglia, piuttosto a Milano ci arrivo in ambulanza».
Ma il suo Giro non è finito. Riis non è d'accordo, per lui c'è da fare solo una cosa: andare a casa. Ma le sue parole sono un’eco che si perde nella vallata. «Io non voglio tornare a casa così, non posso, non è da Ivan». La rabbia e l'orgoglio di Ivan Basso. La rabbia, affettuosa e fraterna, di Biarne Riis, che si trova tra le mani un ragazzo adorabile, serio e scrupoloso, con la testa dura come il marmo di Carrara. «Io glie l'ho detto: se domani (oggi, ndr) stai così, non parti. Poi, l'ultima parola spetta sempre a lui. Ho sentito dire che Ivan sarebbe stato schiacciato dalla pressione della maglia rosa. Mi spiace che certe persone pensino certe cose, ma non conoscono Ivan. Lui è un tipo sensibile, ma non è una mammoletta.

Ad ogni modo ne riparleremo al Tour: lì ci riprenderemo con gli interessi quello che questo ragazzo merita».

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