"Arte liberata", quei capolavori che hanno fondato la nostra identità

I tesori artistici salvati dalla guerra e dai nazisti hanno strutturato il nostro senso di appartenenza all'Italia. Senza quelle opere non sapremmo quel che siamo stati e quel che siamo oggi

"Arte liberata", quei capolavori che hanno fondato la nostra identità

La grande Storia che scorre assieme alla vita. Il destino comune e le scelte che lo hanno indirizzato. Da una parte, la furia cieca della Seconda Guerra Mondiale, dall'altra il coraggio eroico degli uomini e delle donne che in quella contingenza hanno salvato l'arte e la nostra identità. È nelle pieghe del passato che si nascondono gli snodi decisivi per il nostro Paese, quelli che hanno consentito al patrimonio artistico e valoriale italiano di resistere alle bombe e alle razzie del Terzo Reich. La mostra "Arte Liberata 1937-1947", in corso alle Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile prossimo, racconta proprio l'epopea dei capolavori salvati dal conflitto e custoditi con amore quasi paterno da lungimiranti Soprintendenti e funzionari dello Stato. Se oggi ammiriamo certe meraviglie nelle stanze di un museo, lo dobbiamo anche (e soprattutto) a loro.

I capolavori salvati dalla guerra e dai nazisti

L'esposizione allestita a Roma è di quelle che impressionano e non soltanto per il pregio delle opere esposte. La mostra curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli raccoglie infatti una selezione di oltre cento capolavori dal forte valore artistico e simbolico. Il visitatore, all'ingresso, è accolto dalle forme idealizzate e perfette del Discobolo Lancellotti, scultura che stregò anche Adolf Hitler e le sue brame collezionistiche. Poi ci sono la Danae di Tiziano, la lunetta con l'Annunciazione di Lorenzo Lotto, la tela con Santa Palazia del Guercino. Ma anche i celebri ritratti di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez e di Enrico VIII, di Hans Holbein il Giovane. Menzione speciale per la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca: un raffinatissimo piacere per gli occhi. Cosa ci saremmo persi (per sempre) se questi capovalori non fossero stati nascosti e preservati negli anni bui della guerra e delle dittature?

Madonna di Senigallia Piero della Francesca

Il senso della Patria

Dei protettori (senza armi) di queste meraviglie d'Italia avevamo già scritto su queste pagine all'apertura della mostra. Già avevamo menzionato Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, ma anche Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli e Rodolfo Siviero. E Pasquale Rotondi, storico dell'arte e funzionario che salvò circa diecimila opere italiane dalla distruzione e dal saccheggio delle truppe naziste. Un eroe civile o forse, più semplicemente, un italiano vero con un forte senso dello Stato. Anzi di più: della Patria, cioè la terra dei padri. Perché il coraggio di chi tutelò i beni culturali dalla minaccia bellica ebbe molto a che fare con il senso di appartenenza, con il legame alle radici. Le nostre comuni radici.

Il patrimonio protetto e la nostra identità

Di questo profondo aspetto abbiamo avuto modo di parlare con Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche e curatore di "Arte liberata, 1937-1947", a margine di una nostra recente visita all'esposizione da lui stesso condotta. "Noi che assistiamo a questa mostra ci rendiamo conto in maniera tangibile di quanto il patrimonio sia ancora oggi un elemento fondante e legante della nostra identità nazionale", ha spiegato il professore a ilGiornale.it, ribadendo così le ragioni che hanno motivato l'apprezzabile iniziativa culturale: "Non solo ricordare la storia di chi questo patrimonio lo ha salvato, ma anche il sottolineare ulteriormente quanto attorno alle opere d'arte si strutturi la nostra appartenenza all'Italia, al nostro Stato e quindi alla nostra terra, alle nostre città". E questo - ha rimarcato Gallo - "è un tema vivissimo e attuale".

Sculture Arte liberata

L'arte come valore fondante

E in effetti, al termine del percorso allestito su pareti in legno grezzo (a richiamare le casse che hanno custodito e nascosto per anni quei capolavori), al visitatore è resituito il senso della grandezza e della fragilità di quel patrimonio arrivato a noi attraversando la Storia e le sue rocambolesche biforcazioni. "Se quelle opere non fossero state preservate, sapremmo meno di quello che siamo stati e di quello che siamo oggi. L'arte è importante e le persone la percepiscono come un valore", ha osservato al riguardo Luigi Gallo, ricordando ancora con stupore la reazione di tanti italiani dopo le chiusure obbligate dalla pandemia: "Sono tornati subito nei musei perché lì ci sono le nostre radici e ognuno ha cercato le proprie".

Nella mostra esposta alle Scuderie del Quirinale accade qualcosa di simile: si ha la sensazione di trovarsi davanti a meraviglie che testimoniano il passato e lo connettono al presente. Al qui e ora del visitatore. Vi è peraltro una parte dedicata all'arte liberata nelle varie città e regioni d'Italia. Da nord a sud, una comune e impulsiva abnegazione ha accomunato gli sforzi nel difendere i tesori dell'arte.

Da quell'istinto patrio di protezione nacque poi un rinnovato senso civico destinato a originare una virtuosa onda lunga nel mondo della tutela culturale. Una lezione non da poco per il Paese della grande bellezza ma dalla memoria identitaria spesso troppo corta.

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