
I lavori nell'elegante Palazzo Belgioioso, affacciato sull'omonima piazza, fervono: «Ma a settembre tutto sarà pronto», ci dice al telefono, nel suo italiano spruzzato da idiomi inglesi, Elena Bonanno di Linguaglossa. Padre siciliano, madre belga, nata a Roma 45 anni fa, «cresciuta con un'etica del lavoro che definirei protestante», ha maturato una solida esperienza nel mondo dell'arte, lavorando a Londra per le principali gallerie. Da cinque anni è tornata a vivere in Italia ed è a lei che il celebre gallerista austriaco Thaddaeus Ropac ha affidato il compito di aprire la sede milanese della sua galleria. Le porte di Palazzo Belgioioso si spalancheranno al pubblico di collezionisti, amanti dell'arte e curiosi il prossimo 20 settembre con una mostra che si preannuncia tra gli eventi di punta della stagione: «L'aurora viene» è dedicata a Georg Baselitz e a Lucio Fontana, esplorando il dialogo tra i due artisti e l'influenza del secondo sull'opera del primo. Elena Bonanno di Linguaglossa, ad della galleria, ha il piglio di chi, da Signora dell'arte di caratura europea, è abituata a risolvere i problemi: «Da sempre mi chiamano the fixer».
Come sarà la galleria di Thaddaeus Ropac nella nostra città?
«Sarà uno spazio internazionale. Ropac non è il classico straniero che investe in Italia a breve termine: lui ci crede davvero. Aprire a Milano è un'idea che aveva in mente da tempo: conosce il Paese, ama la città e mi ha chiesto di gestire in prima persona la sede. E ora io sono felicemente incastrata (ride). Al momento lavoriamo in tre persone al progetto».
Il cantiere è complicato?
«È stata più complicata la burocrazia. L'immobile è vincolato, quindi non si poteva fare molto. La parte più impegnativa è stata installare i sistemi di sicurezza, vista la presenza di opere di grande valore, e predisporre la climatizzazione. Lo spazio principale è di circa 280 mq, cui si aggiungono gli uffici, ricavati da appartamenti preesistenti. Ci sarà anche la sede di via Bigli: un nostro salotto di 80 mq per appuntamenti privati. Lì si svolgerà il cosiddetto mercato secondario, quello su cui lavoro da tanti anni».
Che cosa significa?
«Esiste un mercato dell'arte primario, che punta sulla visibilità della galleria. E uno secondario, che investe invece sulla discrezione e che coltiva clienti che non cercano eventi pubblici o cene, ma appuntamenti vis-a-vis, proposte cucite su misura. Sono persone per le quali la privacy è fondamentale. La nostra galleria si muoverà su entrambi i fronti».
Che tipo di collezionisti ci sono a Milano?
«Molto interessanti e preparati. Non si tratta, come tanti sostengono, di un collezionismo di fascia media, interessato solo ad acquistare autori italiani. C'è chi coltiva una tradizione famigliare di collezionismo, ma ci sono anche giovani imprenditori che si avvicinano a questo mondo per passione. In Italia nasciamo e cresciamo in mezzo all'arte: i nostri occhi sono allenati al bello. Fino ad ora il nostro sistema fiscale ci ha penalizzato, ma con il recente annuncio del governo del passaggio dell'Iva al 5% sulla compravendita del mercato dell'arte (prima era del 22%, ndr) siamo molto fiduciosi».
Come si trova a Milano?
«Sono nata e cresciuta a Roma, la città eterna: come non amarla? Ma, dopo aver vissuto a lungo all'estero ho scelto di stabilirmi a Milano per motivi familiari: mia figlia è un'atleta di sci e si allena sulle Dolomiti del Veneto. Vivere qui per noi è più comodo. Detto questo, Milano è la città più internazionale d'Italia, è una piccola Londra. La trovo dinamica, operosa. Mi trovo bene».
Il suo luogo del cuore?
«Casa mia, il mio rifugio nella zona delle Cinque Vie, un quartiere che amo molto».