"Quarto Platano", snodo delle arti del ’900

Il museo di Villa Bertelli riannoda i fili di una storia locale e, insieme, di un capitolo dell’arte italiana

 "Quarto Platano", snodo delle arti del ’900
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L’inaugurazione del Museo «Quarto Platano» a Forte dei Marmi, nel giugno 2024, non fu un semplice appuntamento: ma il riemergere di una memoria fino ad allora dispersa tra ricordi privati ed estati versiliesi. Forte dei Marmi, sinonimo di villeggiatura, nel Novecento fu approdo di figure centrali della cultura italiana. Al «Quarto Platano», già Caffè Roma, passavano artisti e scrittori: non un salotto di rappresentanza, ma una stanza comune in cui percorsi diversi si incrociavano e si influenzavano, facendo di quel luogo un autentico snodo delle arti.

Quel dialogo continua oggi nelle sale del secondo piano di Villa Bertelli, dove si dirama un itinerario che restituisce due grandi stagioni del secolo: l’intervallo tra le due guerre e il secondo dopoguerra. Tra i protagonisti figurano Giorgio de Chirico ( Cavallo nel paesaggio , 1938–39), Alberto Savinio ( Ritratto della signora De Francisci , 1933), Giorgio Morandi, Wassily Kandinsky, Massimo Campigli e Gino Severini.

La trama espositiva attraversa Futurismo, Metafisica e il «ritorno all’ordine» del Novecento italiano - con opere come Carlo Carrà, Le baite (1939), e Achille Funi, Giovane con collana ( 1962) - e prosegue poi nelle inquietudini della Scuola Romana, nel Realismo civile del dopoguerra (Renato Guttuso, Pianta , 1980; Ottone

Rosai, Paesaggio con case , 1955) e nelle ricerche dell’Informale e dello Spazialismo. In questo attraversamento, gli autori legati al «Quarto Platano» segnano passaggi riconoscibili: i teatri mentali di De Chirico, le allegorie colte di

Savinio, l’ostinazione di Morandi per le bottiglie e i paesaggi, l’eco dell’astrazione europea in Kandinsky, le figure arcaiche reinventate di Campigli, l’evoluzione di Severini dal dinamismo a un linguaggio più misurato.

Coerente con l’idea di continuità è anche la sede: Villa Bertelli, nata nell’Ottocento come stabilimento per polveri esplodenti e divenuta spazio culturale, racconta il passaggio da periferia operosa a città della memoria. L’allestimento è sobrio, con sale ordinate e percorsi chiari. L’itinerario si apre con la storia culturale del territorio e, per il dopoguerra, include lavori come Carlo Mattioli, Estate in Versilia (1974); Henry Moore, Disegno (Forte dei Marmi) (1975); Giuseppe Migneco, Pescatore (1961); Ugo Guidi, Donna seduta (1974); Eugenio Montale, Forte dei Marm i (1958). Si chiude con le donazioni della famiglia Dazzi: Arturo Dazzi, Canti d’amore. Bozzetto per la Stele Marconiana

(1939–1958) e Coro (1952).

Le opere parlano senza eccessi né monumentalismi. Tutto si affida a una grammatica di relazioni leggibile. È decisivo il contributo della Fondazione Corrente di Milano, che dal 1978 custodisce l’eredità di Ernesto Treccani e ha messo a disposizione competenze e archivi, sostenendo un comitato scientifico di storici dell’arte, docenti e curatori. Così, una raccolta episodica diventa museo e criteri critici e filologici ordinano la narrazione, senza enfasi.

Ogni sala aggiunge un tassello; nessuna voce soverchia le altre. L’insieme restituisce le atmosfere che, dai tavoli di un caffè, presero forma in idee e immagini poi entrate nella cultura italiana del Novecento. Le parole - pannelli, didascalie, documenti - restano al servizio delle opere: asciutte, informate, non invadenti, figlie di discrete estati versiliesi. Ne scaturisce un punto di vista coerente, che non alza la voce e invita a un dialogo intimo tra opera e osservatore.

È merito della Fondazione Villa Bertelli, del

presidente Ermindo Tucci e del sindaco Bruno Murzi, insieme a quanti hanno creduto nel valore del «Quarto Platano»: un museo che riannoda i fili di una storia locale e, insieme, di un capitolo dell’arte italiana del Novecento.

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